Aspetti psicosomatici nell'infarto
Aspetti psicosomatici dell’infarto
Le caratteristiche psichiche e le cause emotive che vengono individuate nel soggetto colpito dall’infarto si mescolano a quelle riscontrate anche nelle altre patologie cardiache. Tuttavia, ognuna di esse ha delle caratteristiche peculiari e degli aspetti simbolici legati ai sintomi specifici.
Nell’attacco cardiaco, così come in un’altra patologia importante, l’angina pectoris (sofferenza cardiaca acuta, anticamera dell’infarto), la causa organica scatenante è la riduzione totale o parziale del flusso di sangue che raggiunge il cuore. Simbolicamente, questa condizione rappresenta un conflitto profondo nel quale gli istinti vengono schiacciati e soffocati dai freni inibitori. Per capire questo meccanismo non bisogna immaginare il cuore come una pompa meccanica, bensì emotiva. Gli ostacoli e gli elementi bloccanti sono alcuni aspetti della personalità, come le resistenze, i timori nei coinvolgimenti affettivi o un modo di essere troppo rigido e “regolare”.
Le vittime dell’infarto, che fino a non molti anni fa era ancora la “la malattia del secolo”, sono sempre più numerose e ciò avviene maggiormente nei Paesi industrializzati e con un alto tenore di vita.
Tra le cause più accreditate per l’insorgenza della
malattia occupano una posizione di rilievo lo stile di vita stressante (fumo, dieta scorretta, ritmi frenetici, tensioni emotive) e l’ereditarietà.
Tuttavia, tali fattori da soli non bastano a determinare l’infarto e a giustificare
il continuo aumento della sua incidenza. Un dato certo è che la nostra era è quella
dello stress, della frenesia, delle preoccupazioni, del bombardamento di stimoli.
I ritmi accelerati e le corse continue coinvolgono a tal punto il soggetto della
società attuale da indurlo ad allontanarsi dal corpo, dai desideri e dalle emozioni.
Il ritmo e i suoni che il cuore scandisce sono gli stessi della vita sociale che
diventano estranei. La causa del malessere, che si riflette a livello cardiaco,
non è la quantità di lavoro o di impegni ma il sentirsi costretti a svolgere attività
senza entusiasmo, senza stimoli, coinvolgimento e affettività.
Un famoso studio degli anni Novanta sui ruoli manageriali ha messo in luce come l’infarto non colpisca la categoria di manager che lavorano molto ma sono soddisfatti; ad essere a rischio infarto sono, invece, quelli molto impegnati ma che hanno un ampio carico di frustrazioni e vivono il proprio lavoro con distacco e ripetitività.
La difficoltà da parte della medicina classica di inquadrare le cause dell’episodio infartuale risiede nella scarsa considerazione dell’aspetto emotivo della patologia (che si verifica spesso la notte, quando gli sforzi sono minori ma emergono le emozioni) e dall’errata tendenza a considerare le patologie cardiache come condizioni separate, invece che strettamente legate tra loro da simbolismi psicosomatici. Alla base di un attacco cardiaco provocato da un trombo c’è un blocco nelle emozioni, un ingorgo all’interno del cuore di cui il soggetto non riesce a liberarsi. Spesso queste personalità hanno una forte carica emotiva che non riescono ad esprimere; oppure hanno una vita sentimentale e affettiva statica o assente. I soggetti colpiti hanno due comportamenti opposti e due strutture emotive diverse: la prima ha una base ansiosa, se l’energia cerca di esplodere e fluire; la seconda depressiva, se l’energia vitale rimane bloccata.
A prescindere dalle diverse tipologie d’infarto, la patologia simboleggia un “ritiro dalla vita”, un dolore troppo forte nell’area degli affetti che non è più sopportabile.
Il sintomo principale dell’infarto è il dolore, violento, sordo e costrittivo: la definizione più rappresentativa è quella di una “morsa” che stringe il cuore. Lo shock repentino dell’infartuato può essere causato da un lutto, un abbandono, un tradimento, una perdita, anche di se stessi, come si verifica nei soggetti che perdono il lavoro e sentono venir meno un ruolo nel quale si sono identificati per lungo tempo.
La fascia d’età più colpita è quella dove si concentrano le fasi cruciali della vita: matrimonio, famiglia, incombenze economiche, lavoro. Le personalità più a rischio infarto sono quelle che affrontano ogni esperienza di vita con un’eccessiva partecipazione emotiva o disponibilità e non riescono a operare un distacco sano; hanno inoltre una forte dose di iperattività.
In alcuni soggetti che hanno superato i 50 anni la causa psichica dell’infarto deriva dall’aver ridotto al minimo l’espressione della parte emozionale, quella legata agli affetti e all’emotività profonda. Anche i cambiamenti improvvisi che provocano la sensazione di perdita di una parte di sé sono un altro dei simbolismi dell’infarto miocardico.
C’è una fase molto importante che non riguarda le cause ma le conseguenze dell’attacco cardiaco; il periodo successivo alla malattia è molto importante perché si verificano dei veri e propri cambiamenti che vanno compresi ed accolti per essere gestiti al meglio. Chi ha subito l’infarto si sente colpito nella sua integrità, non si sente più come prima. Il ritorno a casa è un momento delicato e complesso nel quale il soggetto deve reintegrarsi nella famiglia, nel lavoro e nella società; lo stile di vita cambia completamente e le abitudini radicate per anni vengono stravolte. Il trauma ha bisogno di un’accurata elaborazione. Se essa non avviene, il soggetto si sente sconfitto, fragile, incapace di padroneggiare la sua vita. Le reazioni possono essere diverse in base alla personalità del soggetto e al contesto sociale e affettivo in cui è immerso. Molte persone sviluppano un particolare stato d’ansia, un’apprensione continua per la propria salute e per il timore di un nuovo attacco che si accompagna a disturbi del sonno, difficoltà di memoria, irrequietezza, dipendenza da figure di sostegno e riferimento.
Anche lo stato depressivo è molto frequente in questa fase: il timore di un nuovo attacco genera la paura
di allontanarsi dai luoghi sicuri. Questo meccanismo porta ad isolamento e peggioramento
della qualità della vita. Un’altra emozione spesso presente è la rabbia, una frustrazione che va necessariamente accolta ed elaborata per evitare che
essa venga riversata all’esterno.
La sintomatologia psichica che si presenta nella fase di riabilitazione produce un pericoloso circolo vizioso che espone il soggetto a nuovi fattori di rischio; per questo motivo è fondamentale intervenire, soprattutto in presenza di depressione, con un’adeguata cura farmacologica associata ad un sostegno psicologico.
Le caratteristiche psichiche e le cause emotive che vengono individuate nel soggetto colpito dall’infarto si mescolano a quelle riscontrate anche nelle altre patologie cardiache. Tuttavia, ognuna di esse ha delle caratteristiche peculiari e degli aspetti simbolici legati ai sintomi specifici.
Nell’attacco cardiaco, così come in un’altra patologia importante, l’angina pectoris (sofferenza cardiaca acuta, anticamera dell’infarto), la causa organica scatenante è la riduzione totale o parziale del flusso di sangue che raggiunge il cuore. Simbolicamente, questa condizione rappresenta un conflitto profondo nel quale gli istinti vengono schiacciati e soffocati dai freni inibitori. Per capire questo meccanismo non bisogna immaginare il cuore come una pompa meccanica, bensì emotiva. Gli ostacoli e gli elementi bloccanti sono alcuni aspetti della personalità, come le resistenze, i timori nei coinvolgimenti affettivi o un modo di essere troppo rigido e “regolare”.
Le vittime dell’infarto, che fino a non molti anni fa era ancora la “la malattia del secolo”, sono sempre più numerose e ciò avviene maggiormente nei Paesi industrializzati e con un alto tenore di vita.
Un famoso studio degli anni Novanta sui ruoli manageriali ha messo in luce come l’infarto non colpisca la categoria di manager che lavorano molto ma sono soddisfatti; ad essere a rischio infarto sono, invece, quelli molto impegnati ma che hanno un ampio carico di frustrazioni e vivono il proprio lavoro con distacco e ripetitività.
La difficoltà da parte della medicina classica di inquadrare le cause dell’episodio infartuale risiede nella scarsa considerazione dell’aspetto emotivo della patologia (che si verifica spesso la notte, quando gli sforzi sono minori ma emergono le emozioni) e dall’errata tendenza a considerare le patologie cardiache come condizioni separate, invece che strettamente legate tra loro da simbolismi psicosomatici. Alla base di un attacco cardiaco provocato da un trombo c’è un blocco nelle emozioni, un ingorgo all’interno del cuore di cui il soggetto non riesce a liberarsi. Spesso queste personalità hanno una forte carica emotiva che non riescono ad esprimere; oppure hanno una vita sentimentale e affettiva statica o assente. I soggetti colpiti hanno due comportamenti opposti e due strutture emotive diverse: la prima ha una base ansiosa, se l’energia cerca di esplodere e fluire; la seconda depressiva, se l’energia vitale rimane bloccata.
A prescindere dalle diverse tipologie d’infarto, la patologia simboleggia un “ritiro dalla vita”, un dolore troppo forte nell’area degli affetti che non è più sopportabile.
Il sintomo principale dell’infarto è il dolore, violento, sordo e costrittivo: la definizione più rappresentativa è quella di una “morsa” che stringe il cuore. Lo shock repentino dell’infartuato può essere causato da un lutto, un abbandono, un tradimento, una perdita, anche di se stessi, come si verifica nei soggetti che perdono il lavoro e sentono venir meno un ruolo nel quale si sono identificati per lungo tempo.
La fascia d’età più colpita è quella dove si concentrano le fasi cruciali della vita: matrimonio, famiglia, incombenze economiche, lavoro. Le personalità più a rischio infarto sono quelle che affrontano ogni esperienza di vita con un’eccessiva partecipazione emotiva o disponibilità e non riescono a operare un distacco sano; hanno inoltre una forte dose di iperattività.
In alcuni soggetti che hanno superato i 50 anni la causa psichica dell’infarto deriva dall’aver ridotto al minimo l’espressione della parte emozionale, quella legata agli affetti e all’emotività profonda. Anche i cambiamenti improvvisi che provocano la sensazione di perdita di una parte di sé sono un altro dei simbolismi dell’infarto miocardico.
C’è una fase molto importante che non riguarda le cause ma le conseguenze dell’attacco cardiaco; il periodo successivo alla malattia è molto importante perché si verificano dei veri e propri cambiamenti che vanno compresi ed accolti per essere gestiti al meglio. Chi ha subito l’infarto si sente colpito nella sua integrità, non si sente più come prima. Il ritorno a casa è un momento delicato e complesso nel quale il soggetto deve reintegrarsi nella famiglia, nel lavoro e nella società; lo stile di vita cambia completamente e le abitudini radicate per anni vengono stravolte. Il trauma ha bisogno di un’accurata elaborazione. Se essa non avviene, il soggetto si sente sconfitto, fragile, incapace di padroneggiare la sua vita. Le reazioni possono essere diverse in base alla personalità del soggetto e al contesto sociale e affettivo in cui è immerso. Molte persone sviluppano un particolare stato d’ansia, un’apprensione continua per la propria salute e per il timore di un nuovo attacco che si accompagna a disturbi del sonno, difficoltà di memoria, irrequietezza, dipendenza da figure di sostegno e riferimento.
La sintomatologia psichica che si presenta nella fase di riabilitazione produce un pericoloso circolo vizioso che espone il soggetto a nuovi fattori di rischio; per questo motivo è fondamentale intervenire, soprattutto in presenza di depressione, con un’adeguata cura farmacologica associata ad un sostegno psicologico.
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