Antropologia :il fenomeno del cannibalismo




Ne parlano Erodoto e altri storici dell'antichità classica; Marco Polo, nei suoi racconti di viaggio, riferisce di tribù cannibali dal Tibet a Sumatra. Più fonti attribuiscono rituali di cannibalismo tra gli Aztechi e tra molte popolazioni native d'America, nelle isole Fiji, in Australia, Nuova Zelanda e Africa. Ma quali prove abbiamo mai avuto dell'esistenza di queste pratiche, per non parlare della loro diffusione e del loro significato?

Il termine cannibale deriva dal nome Caníbales dato dagli Spagnoli a molte tribù di nativi americani diffuse nell'America centrale e meridionale. Vedi la voce cannibalismo in Anthropology Explorer
Un articolo del 1978 sul cannibalismo tra gli Aztechi, intitolato Aztec Cannibalism: An Ecological Necessity?, di Bernard R. Ortiz de Montellano
In queste pagine viene riportata l'esperienza di Beth Conklin, antropologa della Vanderbildt University, Nashville, Tennessee, che ha trascorso due anni tra gli indigeni Wari che vivono nella foresta brasiliana e riferisce di aver assistito a riti di cannibalismo mortuario.
Per alcuni scienziati, nessuna, solo testimonianze indirette e racconti leggendari. Per altri, testimonianze attendibili e reperti ossei che non lasciano dubbi. Dato che il cannibalismo è ormai scomparso in tutto il mondo, nuove interpretazioni possono venire solo da altri ritrovamenti e da nuovi strumenti d'analisi, ma intanto il dibattito continua tra scettici e convinti.
Cerchiamone le tracce in rete.

Innanzitutto bisogna dire che il dibattito è venuto alla ribalta negli ultimi vent'anni, e in particolare dopo la pubblicazione, nel 1979, del saggio dell'antropologo William Arens, dell'Università di New York, Man Eating Myth: Anthropology and Anthropophagy.
Fino a quel momento era accettato più o meno universalmente che fin dai tempi del neolitico alcune popolazioni avessero praticato il cannibalismo, vuoi per sfamarsi, vuoi per motivi magico-religiosi, legati al culto dei morti o a un'economia di guerra. Arens è il primo a chiedere prove concrete di tutto questo e a smantellare una per una quelle ritenute tali: in pratica riduce tutto a un mito.

Più o meno negli stessi anni un altro antropologo americano si schiera sul fronte opposto di Arens. Marvin Harris, esponente di un "materialismo culturale", è autore di diversi libri sul cannibalismo (Cannibals and Kings. The Origins of Culture, 1977, Good to Eat: Riddles of Food and Culture, 1985), in cui raccoglie testimonianze e introduce il concetto di "Warfare cannibalism", sostenendo che gli Aztechi si cibavano dei nemici perché non avevano convenienza a farli prigionieri.

Tra le situazioni estreme in cui si è parlato di cannibalismo, ricordiamo la spedizione di sir Franklin, partita nel 1845 per cercare il passaggio a NordOvest, di cui non si seppe più nulla. Ne trovate la storia in questa pagina di The Franklin Trial, con il rapporto delle ricerche archeologiche che proseguono nella regione artica.
La storia del Donner Party in questo sito americano.
Una scheda in italiano sul serial killer Jeffrey Dahmer.
Vedi anche, in Url, "Coincidenze strane fra cannibali e Edgar Allen Poe"
Quali prove?
Trovare le prove richieste da Arens non è uno scherzo. Le testimonianze dirette sono scarse e contestate e ormai non sono più possibili, visto che il cannibalismo è scomparso in tutto il mondo - almeno su questo sembrano concordare tutti.
Ci sono stati, è vero, casi che hanno suscitato grande impressione, come quello rimasto famoso con il nome di Donner Party, di un gruppo di coloni rimasti isolati verso la metà dell'800, mentre erano in viaggio verso la California, quello dei giocatori di rugby precipitati con l'aereo sulle Ande nel 1972, o casi patologici come quello del serial killer Jeffrey Dahmer, ma si tratta di situazioni estreme.
Questo ci dice che situazioni estreme di tal genere possono essersi verificate più volte, in tempi e luoghi diversi, e aver così dato origine a miti e leggende, ma non testimonia il fatto che il cannibalismo sia stato una pratica, per quanto rara, diffusa tra molte popolazioni.
Quanto ai resti umani trovati in grotte preistoriche, mischiati a ossa di cervo o di altri animali, che presentano fratture, bruciature e segni di denti, gli scettici sostengono che tali segni possono essere stati procurati da animali o da ferite in battaglia, oppure che si tratti di corpi riesumati e sottoposti solo in seguito a tali pratiche.

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