DE VRIES DA Paolo Alberti

De Vries dedusse, probabilmente poco prima del ’900, dai suoi esperimenti di incrocio soprattutto su Oenothera lamarkiana la legge della segregazione indipendente dei caratteri ereditari (terza legge di Mendel), riscoprendo in questo modo i lavori che 35 anni prima aveva compiuto Gregor Mendel illustrando perfettamente il medesimo fenomeno. In questo modo il lavoro pionieristico dell’abate di Brno fu riportato alla luce, conosciuto, divulgato e ristudiato in tutto l’ambiente della scienza naturalistica.
Ma ancora più significativa nell’opera di De Vries è l’introduzione del concetto di Selezione di specie, anche se, forse, lui stesso non fu consapevole della vera portata di ciò che aveva fatto. Tanto è vero che non riserva mai all’argomento una posizione di particolare evidenza ma si ritrovano parti di questo in vari suoi scritti. Ciononostante De Vries lo sviluppa in modo completo e coerente. Ma non solo: dice: “La latenza, da questo punto di vista, deve essere uno dei fatti più comuni in natura. Tutti gli organismi debbono considerarsi costituiti nel loro intimo da un esercito di unità, in parte attive ed in parte inattive. Infinitamente piccole e in numero quasi inconcepibile, queste unità debbono avere i loro rappresentanti materiali nelle più intime parti delle cellule.” Non solo, quindi, vediamo introdotto il concetto di mutazione (che è in contrasto con gli impercettibili mutamenti graduali darwiniani), ma vediamo che il periodo di mutabilità interessa solo alcune specie e per breve tempo in relazione alla loro longevità geologica. Per la prima volta, nella storia della biologia evoluzionista, viene sottolineata l’importanza e la quasi universalità della stasi prolungata nell’ambito di una specie, e questo 70 anni prima dell’elaborazione da parte di Gould ed Eldgredge della teoria degli equilibri punteggiati.
Ugualmente De Vries propone per l’adattamento una visione che prevede correlazione funzionale a posteriori tra forma e ambiente. I caratteri emergerebbero per ragioni immediate (non necessariamente adattative) e irradiandosi sopravviverebbero in ambienti favorevoli. Rende quindi il rapporto di dipendenza tra forma e funzione non più necessariamente vincolante. Da sottolineare che queste ipotesi sono state riprese nel 1982 da Gould e Vrba che introdussero il concetto di “exaptation”.
L’edizione elettronica presente è basata sull’unica traduzione italiana di scritti di Hugo De Vries, traduzione ad opera di Federico Raffaele (1862-1937) eminente biologo e zoologo.
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