I governi ingannatori
IL TESTO RITROVATO
"I governi sono ingannatori"
Di Lev Tolstoj
Roberto Coaloa – pubblicato da “IlSole24Ore” 22 maggio 2011
Il
secolo e la sua fine non significano nel linguaggio evangelico il
termine e l’inizio di un periodo di cento anni, ma la fine di una
concezione della vita, di una credenza, di un mezzo di comunione tra gli
uomini, e il principio di una nuova visione del vivere, di una nuova
religione, di un nuovo strumento di comunione tra gli individui.
È
scritto nel Vangelo che nel momento di questi cambiamenti di un’epoca,
ogni tipo di calamità deve prodursi: tradimenti, sofferenze crudeli,
guerre; e che tutto l’amore deve necessariamente sparire a seguito di
tale disordine. Queste parole, a mio parere, non devono essere prese
come un annuncio profetico per un tempo dato, ma come l’indicazione di
una legge costante: tutto il cambiamento di regime, di concezione della
vita, è accompagnato inevitabilmente da violente perturbazioni, di
brutali pene, di inganni, di ogni tipo d’illegalità; in conseguenza di
questi sconvolgimenti si giunge alla scomparsa della fratellanza tra gli
uomini, senza la quale tutta la vita collettiva è impossibile.
È ciò che accade oggi non solamente in Russia, ma in generale in tutto il mondo cristiano, sebbene in esso questo fenomeno, contrariamente alla Russia ove si manifesta con più chiarezza, si trova a uno stato latente.
È ciò che accade oggi non solamente in Russia, ma in generale in tutto il mondo cristiano, sebbene in esso questo fenomeno, contrariamente alla Russia ove si manifesta con più chiarezza, si trova a uno stato latente.
Ritengo che proprio ora la vita dei popoli cristiani sia giunta in prossimità del confine che separa il vecchio secolo ormai al suo termine, dal nuovo che sta per cominciare. Penso che proprio ora stia cominciando quella grande rivoluzione che si è andata preparando per duemila anni in tutto il mondo cristiano, una rivoluzione consistente nella sostituzione del cristianesimo degenerato, di quel potere di pochi e la schiavitù di tutti gli altri, in un cristianesimo vero, alla base dell’eguaglianza di tutti gli uomini e di una libertà autentica, quella propria degli esseri ragionevoli.
Io
scorgo i segni esteriori di tutto questo nella spietata lotta di
classe, nella fredda crudeltà dei ricchi, nella collera e disperazione
dei poveri, nella folle e sempre più accelerata corsa agli armamenti che
accomuna tutti gli Stati, pronti tutti a gettarsi l’uno contro l’altro,
nella diffusione della dottrina socialista, irrealizzabile per il suo
spirito dispotico, sorprendente per il suo carattere pieno di utopie,
nella vanità e stupidità dei vani ragionamenti a cui si dà il nome di
scienza, e che sono assurti a principale ed unica attività dello
spirito; nella viziosa depravazione e nell’assenza di ogni contenuto che
caratterizzano l’arte attuale in tutte le sue manifestazioni, e
soprattutto, nella mancanza di ogni religione in coloro che guidano ed
influenzano le masse, anzi, nel consapevole rifiuto di essa. Per cui
costoro, messa da parte la religione, sostengono la legittimità
dell’oppressione dei forti sui deboli, e quindi eliminano qualsivoglia
principio ragionevole che possa guidare la vita sociale.
Tali
sono i sintomi generali della rivoluzione che si sta svolgendo, o
piuttosto della tendenza alla rivoluzione che si ravvisa tra i popoli
cristiani. I sintomi storici più immediati, in altre parole, le scosse
che hanno fatto la rivoluzione, sono la guerra russo-giapponese e la
rivolta politica e sociale che si manifesta attualmente in una maniera
inaudita nella popolazione russa.
Si
attribuisce la disfatta russa, dell’esercito e della marina, a delle
azioni sfortunate, all’incuria del governo; si conferisce la forza del
movimento rivoluzionario all’inconsistenza dello stesso governo e
all’azione più energica dei rivoltosi. Quanto alle conseguenze, i
politici, sia quelli russi sia quelli stranieri, credono che questi
eventi porteranno all’indebolimento della Russia e anche a un
cambiamento del suo regime politico.
A
mio avviso, questi eventi hanno una conseguenza ancora più rilevante:
la disfatta dell’esercito, della marina e del governo russo segnano
l’inizio della disgregazione dello Stato, e il crollo di esso significa
anche quello di tutta la civiltà pseudocristiana. È la fine di un mondo e
l’inizio di un altro.
I
fenomeni di dissoluzione, che hanno posto i popoli cristiani nella
situazione dove essi si trovano attualmente, si sono manifestati già da
molto tempo, dacché la religione cristiana è stata riconosciuta come
religione di Stato.
[…]
[…]
In
epoca più recente è sorto ancora un altro inganno che ha riconfermato i
popoli cristiani nella loro condizione servile. Ed esso si manifesta
mediante un complesso sistema d’elezione, dove degli uomini eletti da un
dato popolo, divengono delegati entro le varie istituzioni
rappresentative, entro le quali eleggeranno a loro volta o senza alcun
criterio dei candidati sconosciuti, o i propri rappresentanti secondo
personali interessi; il popolo stesso sarà allora una delle cause del
potere del governo, e pertanto, obbedendo ad esso, crederà in effetti di
obbedire a sé medesimo, supponendo di vivere quindi in un regime di
libertà.
Chiunque
avrebbe potuto accorgersi che tutto ciò non era altro che un imbroglio,
sia in teoria sia in pratica, giacché anche nel più democratico dei
sistemi e anche laddove vige il suffragio universale, il popolo non può
comunque esprimere la propria volontà. E non può esprimerla, in primo
luogo, perché una simile volontà collettiva di tutt’un popolo, di molti
milioni di persone, non esiste e non può esistere; in secondo luogo,
perché, anche se esistesse una tale volontà collettiva, una maggioranza
di voti non potrebbe comunque esprimerla pienamente in alcun modo.
Questo inganno, – anche a tacere del fatto che gli uomini eletti in tal
modo, partecipando al governo del loro Paese, approvano leggi e
governano il popolo non in vista di ciò che è bene per esso, ma
lasciandosi guidare per lo più, unicamente, dall’intento di mantenere
salda la propria posizione di privilegio e il proprio potere frammezzo
alle lotte dei vari partiti, e per tacere altresì della depravazione che
questo inganno diffonde tra il popolo mediante le menzogne, lo
stordimento e le corruzioni che son caratteristica costante dei periodi
elettorali – è particolarmente dannoso a cagione di quella schiavitù
autocompiacentesi in cui esso riduce gli uomini che vi incorrono.
Gli
uomini che s’imbattono in questa trappola si immaginano davvero
d’obbedire a se stessi ogni volta che ascoltano il governo, e perciò non
osano più disobbedire ai provvedimenti del potere degli uomini, anche
quando tali provvedimenti sono contrari non soltanto ai loro gusti
personali, al loro vantaggio, o ai loro desideri, ma altresì alla legge
suprema e alla loro stessa coscienza.
E
invece gli atti e i provvedimenti del governo di quei popoli che
presumono di autogovernarsi non sono che il risultato delle complesse
lotte tra i partiti, degli intrighi, della sete di potere e
dell’interesse personale di questi e quegli individui, e dipendono tanto
poco dalla volontà e dai desideri del popolo tutto, quanto gli stessi
atti e i provvedimenti dei governi più dispotici. Quei popoli sono come
uomini rinchiusi in carcere che s’immaginano di essere liberi perché
viene concesso loro il diritto di votare per l’elezione dei carcerieri
delegati all’amministrazione interna dello stesso carcere.
Cosicché
gli uomini degli stati costituzionali, immaginandosi di essere liberi,
proprio in seguito a tale loro sforzo di immaginazione, finiscono per
non saper nemmeno più in cosa consista l’autentica libertà. Questi
individui, mentre credono di liberare se stessi, si condannano in realtà
a divenire sempre più profondamente schiavi dei loro governi.
[…]
Ora,
coloro che si sono dati come fine la trasformazione del regime politico
russo, seguendo il modello dei rivoluzionari europei, non hanno nessun
nuovo ideale, nessun nuovo principio. Essi cercano semplicemente di
sostituire alle antiche forme di violenza un’altra organizzazione,
avendo per base la stessa violenza, che apporterà a loro i medesimi mali
di cui essi soffrono oggi.
L’esempio
dell’Europa e dell’America, dove regna lo stesso militarismo, lo stesso
tipo di imposte e la stessa monopolizzazione del territorio, è sotto
questo aspetto sufficientemente edificante.
Il fatto che la maggioranza dei rivoltosi ha come ideale il sistema socialista, che non può essere realizzato se non con la tirannia la più assoluta, mostra semplicemente che tra di essi è assente qualsiasi nuovo ideale; poiché se un giorno si realizzeranno i loro desiderata, gli uomini perderanno anche le ultime vestigia della libertà.
Il fatto che la maggioranza dei rivoltosi ha come ideale il sistema socialista, che non può essere realizzato se non con la tirannia la più assoluta, mostra semplicemente che tra di essi è assente qualsiasi nuovo ideale; poiché se un giorno si realizzeranno i loro desiderata, gli uomini perderanno anche le ultime vestigia della libertà.
In
realtà, l’ideale del nostro tempo non dovrebbe essere solo la semplice
modificazione delle forme di violenza, ma la loro completa sparizione,
che arriverà con l’insubordinazione al potere pubblico.
Gli
operai per liberarsi da tutti i mali che soffrono devono cessare di
obbedire alle autorità, ma non ricorrendo ai mezzi violenti. Ed è
precisamente la rassegnazione davanti alla forza brutale,
l’insubordinazione passiva al potere.
Un
cristiano vero non saprebbe obbedire ai capi di turno; altrimenti, egli
si renderebbe necessariamente complice dell’attività del governo che
consiste, ed è assicurata, nell’esercitare la violenza: servizio
militare, guerre, prigioni, esecuzioni, conquiste di terre. Ne consiste
che il bene materiale altrettanto che quello spirituale possono arrivare
da un solo mezzo: supportare ogni costrizione senza lottare, ma anche
senza partecipare alla violenza, in altre parole non bisogna sommettersi
al potere.
Oggi,
se gli uomini delle città vogliono realmente aiutare la grande
rivoluzione devono innanzitutto abbandonare i mezzi d’azione
rivoluzionaria, così crudeli e così innaturali. Essi dovrebbero
impegnarsi a vivere in campagna per condividere il lavoro del popolo,
apprendendo la sua pazienza, la sua impassibilità, il suo disprezzo del
potere e soprattutto il suo amore per il lavoro. Essi non dovrebbero
incitare gli uomini alla violenza, ma al contrario impedire a loro di
partecipare a qualsiasi atto brutale, di obbedire a ogni governo
tirannico.
Tolstoi governi rivoluzione
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