Jung:ombra.Il lato oscuro

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PSICOANALISI – JUNG 2 – Lezione 2-GLI ARCHETIPI: L’OMBRA

Filed under: Masada — MasadaAdmin @ 12:00 pm
 
 
 
 
 
 
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(Lezione 2 del secondo corso su Jung fatto a Bologna dalla prof. Viviana Vivarelli, autrice del Libro “Lo specchio più chiaro” sulle opere e il pensiero di Carl Gustav Jung)
INCONTRO CON L’INCONSCIO
L’essere è troppo alto per le nostre parole / per questo si comunica a noi per simboli
(V)
Nel 1800 i medici si limitavano a registrare i sintomi della malattia mentale, compilavano statistiche o eziologie a cui non corrispondeva cura ed erano indifferenti alla personalità del paziente e al suo vissuto.
Ai primi del ‘900 “L’interpretazione dei sogni” rivoluzionò il rapporto medico-paziente e introdusse nel pensiero occidentale il grande concetto di INCONSCIO, individuale prima con Freud, collettivo poi, con Jung.
Jung dirà: “La scoperta dell’inconscio è paragonabile a quella del numero perché ha modificato le categorie della mente“. Questo intuizione è stata paragonata alla rivoluzione copernicana che ha messo al centro del sistema dei pianeti il Sole e non la Terra. Cambiare le categorie della mente è rivoluzionario, perché sono esse strutturali e creano realtà. Se cambiamo le forme del pensiero, cambia il modo di vedere il mondo e di interpretare le cose. Ciò che chiamiamo reale è frutto di una elaborazione psichica, è una costruzione soggettiva, non è come è, ma come ci sembra e la sua realtà sta in gran parte nel nostro sguardo. E noi dipendiamo dalla nostra sensorialità, dal nostro psichismo, dal DNA, dall’eredità della specie, da quella della cultura e della tradizione.
La scoperta dell’inconscio cambiò totalmente il modo con cui l’uomo occidentale pensava se stesso. Non si trattava solo di una categoria psichica, ma di una rivoluzione ontologica, che riguarda cioè la sostanza dell’essere uomo.
L’inconscio è come un mare oscuro da cui l’io emerge come un’isola illuminata.
Ma vi sono parole, simboli, schemi mentali, concetti, paradigmi… che possono aprire nuove consapevolezze, varchi che permettono esplorazioni di mondi sconosciuti.
Per ognuno esiste solo quello che sa. Ciò che non sappiamo non ha esistenza per noi. Non è. Ma il nome, la parola, l’uso aperto della mente possono aprire conoscenze, allargare orizzonti, così che l’io, dopo, non è più lo stesso e anche il mondo non è più lo stesso.
L’uomo primitivo ha una visione quasi totalmente inconscia. Vive in modo simbiotico col gruppo e percepisce le cose collettivamente, come fanno le formiche nel formicai o le api nell’alveare. Ha addirittura una forma di pensiero simbiotico e telepatico, come il branco di primati. Poi, molto lentamente, attraverso i millenni, comincia ad affiorare la sua soggettività, ma l’appartenenza al gruppo è ancora un elemento forte della sua sicurezza, al punto che la peggiore pena che può soffrire è essere gettato fuori dalla pace del gruppo: l’esilio, l’interdizione…. Il gruppo, la tribù, il clan, il popolo… sono la sua isola di consapevolezza senza la quale non riesce a pensare di esistere. E per molti è ancora così.
L’autonomia soggettiva è una conquista dell’uomo moderno, una conquista individuale e nello stesso tempo sociale. Il cammino verso la consapevolezza è molto lungo e fa emergere dal buio del profondo la luce della coscienza. Per molto tempo essa resta separata dalla parte oscura, negandola, poi dovrà cominciare ad attingere dal buio caos l’energia non integrata che arriva alla superficie (nei sogni questo appare in forma di pesce o come il principe nero o l’extracomunitario o il ladro, ladro perché deruba di certezze la mente razionale).

Per indicare il grande oceano oscuro e sconosciuto che si contrappone all’io cosciente, Jung usa il termine OMBRA. L’ombra è un archetipo. E’ ciò che non conosciamo e di cui dunque abbiamo paura. Il taoismo contrappone il lato luminoso di un colle al lato in ombra. L’archetipo ha sempre questi due lati, polari, opposti. Ma se l’ombra è ciò che ci atterrisce e anche ciò che dobbiamo imparare a conoscere.
Quando ci troviamo in determinate situazioni della vita, la natura ha messo in noi delle reazioni somatiche e organiche che appartengono agli istinti e sono le reazioni del corpo. Ma ha messo in noi anche delle reazioni altrettanto innate che sono le reazioni della psiche e si rifanno a tipi o modelli arcaici, fondamentali, appartenenti a tutta la specie umana. Jung li chiama ARCHETIPI.
L’OMBRA è uno di questi archetipi. E’ la parte oscura dentro e fuori di noi.
Dice Jung:
Ognuno di noi è seguito da un’Ombra e, meno questa è incorporata nella vita conscia dell’individuo, tanto più è nera e densa. Se un’inferiorità è conscia si ha sempre la possibilità di correggerla…Ma se è rimossa e isolata dalla coscienza, essa non viene mai corretta. Sussiste allora inoltre il pericolo che in un momento di disattenzione erompa improvvisamente” .
Questo è un concetto fondamentale nella teoria di Jung: non possiamo sfuggire ai nostri errori, al nostro lato oscuro, alla nostra inferiorità, alle nostre debolezze, al buio dentro di noi, che nega un’armoniosa coesistenza sociale.
A volte l’ombra erompe a livello sociale, come nei gravissimi fatti razzisti degli stati americani del Sud o in Italia nel razzismo diffuso a piene mani da certi partiti di governo.
Un grazioso libretto è “Il piccolo libro dell’Ombra” di Robert Bly, un poeta americano (molti junghiani sono poeti), che dice: “I furtivi ladri che compaiono nei nostri sogni, gli assassini che a volte ci procurano risvegli pieni di orrore, sono alcuni dei volti dell’Ombra. Ci sono aspetti della nostra personalità che non ci piacciono, che non sopportiamo, e il modo più veloce per sbarazzarcene è proiettarli su un altro. Accade dunque che il male che pensiamo degli altri possa essere una dislocazione dell’ostilità verso alcuni nostri aspetti non riconosciuti. Anche la lotta politica è anche un gioco di ombre, in cui ogni gruppo o fazione proietta la propria Ombra sullo schieramento opposto”.
Più uno stima se stesso perfetto, più ha un’ombra enorme che ha cacciato in un sacco che porta sulla schiena e quando questo sacco è troppo pesante, l’uomo non ce l afa più a camminare.
Che cosa si deve fare? Un atto di umilt: guardare bene in faccia la nostra Ombra e mangiarla, cioè elaborarla, integrarla nella parte cosciente.
Gli Archetipi sono figure fondamentali nella nostra crescita, affinché ne possiamo vivere l’energia positiva, imparando ad elaborare quella negativa.
Il rapporto con l’inconscio, individuale e collettivo, è fondamentale per l’evoluzione, perché tanto più cresciamo sopra, tanto più cresciamo sotto.
Il mondo dell’inconscio preme sempre per uscire, ma dobbiamo avere la forza di sostenerlo. E’ come per l’albero; di quanto si innalzano i suoi rami, altrettanto profonde sono le sue radici. E il senso dell’albero non sta nella chioma o nelle radici, ma nella vita che scorre tra le due… Noi troviamo una certa forma di adattamento, poi l’inconscio comincia a spingere per venire fuori e noi dobbiamo trovare un altro adattamento” .
L’inconscio collettivo è la grande spinta sotterranea, che porta l’uomo a superare se stesso. Il cammino umano è proprio questo rapportarsi continuo all’inconscio, come a una fonte infinita di possibilità. E Jung è convinto che questo sia il compito dell’uomo di oggi:
E’ solo nel nostro tempo che si attiva l’inconscio. Nel Medioevo l’uomo non poteva pensare all’esistenza di un inconscio e dunque non aveva senso l’esistenza della psicologia. E’ nell’uomo moderno che l’inconscio si è svegliato. Per questo nascono nuove domande e nuovi problemi… Interi strati della psiche stanno emergendo alla luce per la prima volta” .
Mentre l’inconscio freudiano è solo lo stanzino sotterraneo dei contenuti rimossi, l’armadio degli scheletri segreti, per Jung, oltre all’inconscio individuale esiste un INCONSCIO COLLETTIVO che riguarda non un vissuto singolo ma l’intera specie umana.
La vita è continua tensione e integrazione tra conscio e inconscio. L’inconscio diventa una realtà molto vasta. Freud ne aveva colto solo un’accezione personalistica e negativa; per Jung esso è l’Ombra che emerge nel sogno, è l’ignoto dentro di noi e fuori di noi, l’energia che sfugge al controllo della coscienza e che tuttavia influenza il pensiero o l’emozione, ma anche il luogo del tesoro, la risorsa nascosta, la via, il cammino, la meta e la sorgente da cui provengono le energie e le conoscenze superumane… In sogno può apparire come le nuove stanze che si aprono nella nostra casa o il lato inesplorato del giardino. I contenuti che salgono dall’inconscio sono come i pesci che vengono a galla sulla superficie di un lago, sono come i ladri che entrano nella nostra casa e ci derubano delle ordinarie sicurezze, sono l’extracomunitario o il ladro o il diverso che rompono l’abituale regno della ragione, o come il principe nero, il moro, che arriva con le sue ricchezze oscure nel chiaro ordine della coscienza, così che sarà proprio ciò che reca scompiglio e turbamento l’elemento salvatore.
MANGIARE L’OMBRA
Noi siamo colti, eppure ci sono spettri a Tegel
(Goethe)
Vennero in sogno ladri furtivi e assassini
(V.)
Io trovo dunque in me questa legge: quando voglio fare il bene, il male è accanto a me
(San Paolo ai Romani)
Le accezioni dell’Ombra sono molte. Possiamo considerare l’Ombra in relazione a ciò che non vogliamo o possiamo vedere dentro di noi o ciò che non vogliamo o possiamo vedere fuori di noi. C’è un’Ombra personale e un’Ombra sociale. Quest’ultima può insediarsi nella storia dei popoli o delle culture come si insediò l’antisemitismo nella storia del popolo tedesco, o la lotta alle streghe e al femminino nella storia della Chiesa cattolica.
Nel pensiero junghiano OMBRA significa due cose: c’é un’Ombra in relazione all’inconscio personale e una in relazione all’inconscio collettivo.
Nel primo caso abbiamo quella parte della psiche inconscia individuale che l’io non riconosce o perché inaccettabile per vari motivi, o perché troppo diversa da come ci rappresentiamo a noi stessi, la nostra parte non riconosciuta.
Nel secondo caso abbiamo un orizzonte più vasto della personalità in crescita che indica tutto ciò di cui ho bisogno per allargare la consapevolezza del mio Io, tutto ciò che è in me e posso conoscere davvero per crescere in me. 4)
Elaborare l’Ombra è l’operazione fondamentale della coscienza, che prima si rivolgerà all’Ombra personale poi a quella sociale.
Il cammino verso l’individuazione richiede l’integrazione di tutte le energie a disposizione ma la difficoltà è che gran parte di loro si nasconde, è fuori controllo o addirittura si batte contro di noi. Le energie psichiche non assimilate costituiscono qualcosa che può anche non essere mai elaborabile.
Il problema di integrare positivamente tutta l’energia che abbiamo a disposizione passa inevitabilmente per la necessità di ‘mangiare l’Ombra’, metabolizzarla, cioè integrare le energie dell’inconscio, per tutto quello che ci è via via possibile, lavoro difficile e infinito che può mettere a rischio la nostra identità e la nostra stabilità e che non si compie mai da soli ma con l’aiuto di tutti.
L’Ombra non è solo il rimosso psichico, è la nostra stessa sostanza.
Come dice il bambino Giovanni di otto anni nel suo tema sull’incubo: “Il lupo mi disse delle parole che non capii ma che ricordai per sempre. “Io mangio carne e paura!” Reintegrare l’Ombra vuol dire riprendere una parte di questa sostanza perduta. Non farlo significa lasciare che il lupo ci divori, sia a livello individuale che sociale e storico.
Si lasciò divorare dall’Ombra il popolo tedesco al tempo del nazismo, si lascia divorare dall’Ombra il popolo italiano nella nostra fragile democrazia.
Le parti di Ombra non integrate vengono in genere proiettate, e se tra noi e il mondo ci sono troppe proiezioni, non saremo più in grado di distinguere i nostri fantasmi dalla realtà. Quando c’è troppa Ombra che soverchia l’io, questo non è più in grado di abbracciare o controllare tutto quello che preme su di lui e rischia di esserne dominato o travolto.
L’Ombra può dar luogo a paranoie o a un doppio antagonistico, in un processo di lacerazione della personalità. Bly dice: se rimuovi troppe cose, esse finiranno in un sacco che porti dietro la schiena. Ti non lo vedi ma lo porti e se quel sacco sarà troppo pesante ti impedirà di camminare.
L’Ombra è un grande tipo dell’immaginario collettivo, è un grande archetipo.
Nella psiche è l’altro lato della personalità, la parte oscura della psiche, il lato in ombra del monte.
Ognuno di noi è seguito da un’ombra e, meno questa è incorporata nella vita conscia dell’individuo, tanto più è nera e densa”.
Non è il male assoluto, è l’energia primitiva, non elaborata, che ha una sua vita autonoma. L’uomo la percepisce con l’intuizione o il sentimento e tende a vederla solo in quanto la proietta sugli altri, vi immette le forme della sua immaginazione, e la vive nei miti, le favole, i sogni ma anche gli incubi sociali, le grandi paure collettive, le tragedie dell’umanità. E’ il lato misterioso e inconscio della psiche. Mentre per Freud è solo lo stanzino buio dei contenuti rimossi, per Jung, è anche un’oscurità extrapersonale.
L’Ombra implica dipendenza inconscia a un padrone che si deve ubbidire senza poterlo vedere. Uscire dall’inconscietà ed entrare nella consapevolezza vuol dire scegliere meglio le rappresentazioni visibili, cercare una maggiore integrazione, assimilare le energie che l’Ombra tiene separate dalla coscienza, integrarla, superando le dipendenze, gli attaccamenti e le false icone per avviare una crescita e una liberazione dell’Io . E’ un processo di liberazione progressivo e costante che ci permette di uscire dalle identificazione fallaci per avanzare nell’individuazione che ci appartiene di diritto.
Si parte dalla dipendenza o dalla omologazione per tendere all’autonomia e alla originalità. Io sono io, al di fuori di quello che posso essere o fare, e oltre ogni cosa che posso essere o fare.
Nelle fiabe, la bambina deve lavorare sette anni nella cucina della strega e servirla e accudirla, finché non ha appreso i suoi segreti magici, ovvero le leggi sull’energia, solo allora può bruciarla nel forno del pane e mangiarla, integrando la sua forza. La strega rappresenta l’Ombra e il suo potere. La via dell’integrazione è la via dell’emancipazione. Ma le dipendenze si ricreano: la strada verso la libertà è lunga; una volta che l’uomo si sia emancipato dai principali conflitti interni, e sciolto dai principali legami primari, può dipendere ancora dalla struttura sociale, dalla religione, dall’ideologia, dalla moda, dal costume, dal desiderio di massificazione… L’Ombra può essere sociale, culturale. Le madri vere o simboliche non finiscono mai. Jung pensa le varie ideologie, Cristianesimo, Marxismo, Fascismo, Nazismo, Liberismo… come grandi Madri potenziali, forme negative dell’archetipo storico, che possono accentuare la debolezza dell’uomo, incoraggiare le sue dipendenze e identificazioni e reprimere il suo processo di autonomia e libertà. Occorre impedire che l’uomo deleghi se stesso alla massa, a un leader o a una ideologia o a una chiesa, bloccando la sua responsabilizzazione personale e sociale. Diventare adulti è un compito infinito e Jung diceva a se stesso: “Non esigere dagli altri ciò che non hai preteso da te stesso”.
In quanto esseri sociali e storici, siamo tutti calati in una grande Ombra collettiva, nella quale si agitano i grandi archetipi che muovono i popoli, nel bene e nel male.
Con i suoi pazienti, Jung si cimenterà dapprima con l’Ombra personale, insieme di contenuti rimossi, inaccettabili, rispetto ai valori codificati dal soggetto, poi confronterò se stesso e gli altri con la grande Ombra storica che, nella sua lunga vita, prenderà le forme de primo e del secondo conflitto mondiale e dell’ideologia nazista.
Finché la dinamica delle forze sta fuori dalla coscienza, l’io è preda di pulsioni terribili che non controlla ma che lo sottomettono. Porre le pulsioni sotto lo sguardo della coscienza produce un equilibrio migliore e un allargamento dell’Io consapevole. Rendere consci i processi nascosti migliora l’adattamento vitale del soggetto, lo rende più padrone delle sue scelte, gli permette di valutare da un punto di vista nuovo la sua vita. Il mostro, tirato fuori dalla sua tana, non è più così oscuro come sembra e alla luce si striminzisce. Questo è almeno ciò che vorrebbe Freud, anche se risulta vero solo in parte; la psicoanalisi freudiana è come l’economia keynesiana che riduce il mercato a un numero ristretto di variabili per costruire grafici di previsione perfetti ma irreali, proprio perché nella vita le variabili sono infinite e continuamente risorgenti e la vita non rispetta mai la teoria né vi si adatta. Freud stesso riconosceva che alla fine l’analisi era ‘interminabile ’, anche quando coinvolgeva il paziente cinque incontri la settimana. Si pensi alla tortura di raccontare del conflitto col proprio padre o la propria madre, cinque volte la settimana, per vent’anni! Una masturbazione mentale senza fine senza mai frutti definitivi!
Per Jung non era così e alcune sue analisi furono molto veloci. Addirittura ci fu un caso in cui la paziente andò da Jung una volta sola:
Si trattò di una donna che si era innamorata del fidanzato della sua migliore amica. Con molto cinismo si sbarazzò dell’amica avvelenandola. Poté così sposare l’uomo, ma questi poco dopo morì, lasciandola con una figlia, che fu sempre contro la madre, si sposò giovanissima per andare via di casa e non tornò più. Per quanto la donna non fosse pentita del delitto commesso, la sua vita prese una brutta piega, era come se ogni cosa le si rivoltasse contro, amava i cavalli ma li innervosiva e la sbalzavano di sella, allora si era affezionata ai cani ma il suo cane più bello era rimasto paralizzato. Sembrava una maledizione. Il delitto compiuto non le pesava moralmente ma le rendeva la vita impossibile come un’energia negativa che convertiva in morte tutti i suoi tentativi di vita. Le pareva che il mondo chiudesse via via ogni rapporto con lei, facendo fallire tutti i suoi tentativi. A un certo punto si era sentita sfinita ed era andata da Jung per confessare, perché, come dice Jung, chi uccide un altro uccide se stesso e ha diritto a una punizione. Era come se piante e animali, ovvero l’universo intero, l’ecosistema, ‘sapessero’ del delitto e la fuggissero come colpevole, così la donna si era sentita sempre più respinta dalla vita e alla fine la solitudine era divenuta così insopportabile che aveva cercato qualcuno cui confessare la sua colpa per ristabilire il proprio rapporto col mondo.
Cesare Pavese diceva: “La massima sventura è la solitudine / Tutto il problema della vita è questo /come rompere la nostra solitudine,/ come comunicare con gli altri…/Piace di tanto in tanto avere un altro/ in cui versavi e poi bervi se stessi:/ dato che dagli altri chiediamo/ciò che abbiamo già in noi./ Mistero perché non ci basti/ scrutare bene in noi/ e ci occorra riavere noi dagli altri”.
Il male del nostro tempo è la sindrome abbandonica. Freud guardava solo all’amore trasgressivo per il genitore dell’altro sesso, ma oggi il problema è piuttosto la madre o il padre che non ci hanno amati abbastanza o come noi non volevamo: la ferita dei non amati, la non appartenenza. Temiamo l’abbandono perché abitiamo noi stessi parzialmente. La “crisi dei non amati” è il titolo di un libro junghiano e l’amore fa parte dell’identità..
L’Ombra è un archetipo, un modello della vita psichica che appartiene all’inconscio collettivo, alla specie, e si attiva in situazioni concrete.
Quante accezioni di Ombra! L’ombra archetipica appare come negatività, male, aspetto distruttivo del destino, trasgressione delle regole, colpa, odio, difesa egoistica di quel che abbiamo… In realtà è solo energia non integrata. L’oscurità è solo assenza di luce. Il male lontananza da Dio.
C’è dunque un significato dell’Ombra individuale e uno collettivo, uno personale e uno sociale.
Appare l’Ombra frequentemente nei nostri sogni, come un compito non fatto, una inadeguatezza, un incubo, una paura, una invasione, immagine notturna, perturbante, che il soggetto tende ad eliminare, mentre dovrebbe essere integrata, un po’ come la madre notturna che Jung bambino non riusciva a connettere alla madre diurna, il lato ignoto della vita, il mistero, l’altro da noi, il diverso, che continua a esistere anche se lo ignoriamo e nella sua esistenza rimossa incombe sulle nostre sicurezze.
Ogni oggetto psichico in questo senso ha il suo lato ombra, perturbante e minaccioso, aspetto del reale che non siamo in grado di comprendere (cum pretendere = prendere in noi) o accettare e dunque non siamo in grado di assimilare.
E la più grande di queste Ombre è la Morte. Nel nostro mondo occidentale noi non abbiamo un sistema di riferimento abbastanza vasto da contenere la morte.
L’Ombra è il grande “diverso”, dove si riassume tutta la nostra paura dell’ignoto, del non conosciuto. Noi non accettiamo il diverso perché, non comprendendo tutta la nostra totalità, cerchiamo solo ciò che somiglia alle nostre identificazioni parziali, per ristrettezza di sicurezze. In realtà in noi c’è tutto: la vita come la morte, la possibilità di essere sempre con noi stessi e dunque fuori dell’abbandono, la possibilità di sostenere tutte le nostre parti e dunque di non rifiutare nulla di ciò che esiste come diverso. Potenzialmente noi possiamo essere il mondo e tutte le contraddizioni del mondo.
L’Ombra è anche l’ignoto, tutto ciò che, nel momento in cui noi ci definiamo e ci circoscriviamo, resta fuori dal cerchio in cui ci identifichiamo. Come dice Don Juan: il nagual che circonda il tonal . Si può esistere veramente solo entro certi parametri: un corpo, una memoria, un insieme di esperienze, il carattere, gli affetti, i beni, il denaro, l’abitudine, la norma, la tradizione, la proprietà, un tot di potere… Tutto questo ci fonda, ma nello stesso tempo ci limita. Al di là resta la forma nascosta di tutto quello che non abbiamo configurato, che non abbiamo inglobato, o come possesso o come desiderio o come possibilità di esistenza. Ogni identità presuppone qualcosa che è preso ma anche qualcosa che resta fuori.
Idealmente, riconoscere l’Ombra significa anche riconoscere che viviamo nella lotta e nel dolore, nel limitato nel condizionato, per cui vivere significa anche ferire ed essere feriti. Nell’Ombra si misura l’inevitabilità della sofferenza, l’accettazione realistica dell’esistenza del dolore. E si misura la mancanza, l’abbandono, la precarietà del vivere e si misura anche la sofferenza suprema che è la morte o forse la paura della morte, perché la morte, dicono, è cosa dolce e affatto perturbante.
Eppure la luce esiste proprio perché c’è l’Ombra, l’una implica l’altra. Luce e Ombra sono i due aspetti del reale. La visione relativa nega l’Ombra, la visione assoluta deve per forza comprenderle entrambe.
Io Pietra produco la luce, ma le tenebre fanno parte della mia natura

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