STANCHEZZA CRONICA IN AMBITO ONCOLOGICO (CANCER RELATED FATIGUE) La stanchezza (spesso denominata anche “fatigue” prendendo a prestito il termine anglosassone corrispondente) è una situazione che può accompagnarsi a svariate situazioni sia fisiologiche che patologiche. E’ normale essere affaticati dopo un intenso sforzo fisico o psichico, anche se la qualità della stanchezza nei due casi è diversa. Ma è normale nella misura in cui la persona riesce a recuperare spontaneamente e pienamente la situazione di benessere che precedeva l’episodio “affaticante”. Il recupero, quindi, perché il soggetto sia considerato normale, deve essere completo, raggiunto in tempi rapidi e non deve lasciare alcuna stanchezza residua: si può parlare, in questo caso, di forma “acuta” di stanchezza. L’accumulo della stanchezza nel tempo è invece segno di cronicizzazione. Fondamentalmente si possono osservare due situazioni paradigmatiche. In un primo caso, probabilmente il più comune, l’accumulo della stanchezza è il segno della cronicizzazione della situazione “stressante” che ne è alla base; è la situazione più frequentemente osservata nella forma di stanchezza cronica che si accompagna all’eccesso di stimoli psicofisici. E’ questa una situazione che si può considerare ancora fisiologica, in quanto il problema è per così dire “esterno”, e rimuovendo l’eccesso di tali stimoli la persona è in grado di tornare alla situazione di benessere precedente. Nel secondo caso la stanchezza si cronicizza in assenza di un significativo stimolo cronico di tipo fisico o psichico; in questo caso la “stanchezza” diventa a pieno titolo il sintomo di una malattia che va sempre attentamente indagata. Ovviamente vanno escluse patologie organiche quali epatiti ed altre infezioni croniche, ipotiroidismo, diabete scompensato, e le patologie tumorali non ancora diagnosticate, che potrebbero essere la causa della stanchezza in questione, anche in persone con già una diagnosi di cancro. Nel vasto ambito delle persone che sono afflitte da una forma di stanchezza cronica, sono innanzitutto da mettere in evidenza quelle con una forma di depressione più o meno latente, ché sono senz’altro numerose, anche se spesso sovrastimate. Un'altra quota di pazienti, in cui non si riesce a mettere in luce alcuna altra forma di patologia, e che ottemperano ad una classificazione messa a punto dai CDC di Atlanta (vedi Fukuda et al su Annals of Internal Medicine del dicembre 15, 1994) è affetta dalla cosiddetta “sindrome da stanchezza cronica (o CFS, secondo l’acronimo inglese) una patologia di cui non si conosce la causa, debilitante e cronica, ma i cui sintomi possono comunque essere alleviati dalle terapie a disposizione. Presso l’Istituto Tumori di Aviano sono stati osservati oltre 700 casi di CFS ed esiste una clinica settimanale che oltre i casi di CFS osserva anche molti casi di stanchezza dovuta ad altre cause, in particolare al cancro. Un terzo importante gruppo di pazienti è quello dei pazienti oncologici. In ambito oncologico la stanchezza può essere alternativamente considerata come parte integrante della sintomatologia del tumore (sia alla presentazione che nel corso delle recidive), come effetto collaterale delle terapie praticate, oppure come espressione di una patologia concomitante, il più delle volte di natura psichiatrica, quale la depressione. In ogni caso, per essere considerata cronica e patologica, la stanchezza deve essere percepita dal paziente come inusuale o anormale, del tutto sproporzionata rispetto al grado di esercizio o di attività della persona, e non in grado di regredire con il riposo né con il sonno. In effetti, la stanchezza è uno dei disturbi più frequentemente riferiti dai pazienti oncologici. Dal 78 al 96% dei pazienti lamentano stanchezza durante il trattamento oncologico, ma in molti casi il sintomo persiste o comincia anche dopo la fine del trattamento. La percentuale di pazienti che lamentano stanchezza cresce con l’incremento del numero dei cicli di chemioterapia e anche con il numero dei trattamenti concomitanti istituiti. In uno studio statunitense è stata dimostrata la diversa percezione della problematica da parte degli oncologi e dei pazienti, essendo gli oncologi maggiormente preoccupati del sintomo dolore, mentre i pazienti si sentono maggiormente afflitti dalla stanchezza. In un altro studio basato sulla valutazione della stanchezza nei pazienti sottoposti a chemioterapia con o senza radioterapia associata, il 34% dei pazienti ha segnalato la nausea come principale effetto collaterale durante la terapia antineoplastica, contro il 18% che segnalava stanchezza. Tuttavia, al termine della chemioterapia, la stanchezza diventava il sintomo con il maggior impatto sulla qualità della vita dei pazienti, con un 76% che segnalava di aver sofferto di stanchezza almeno una volta alla settimana con notevoli interferenze sulle attività fisiche, mentali, emotive e anche economiche dei pazienti intervistati. Presso il nostro Istituto Tumori di Aviano sono stati studiati 30 casi con stanchezza cronica associata al cancro comparsa dopo la fine del trattamento oncologico, anche dopo anni. Inoltre, una decina di paziente riportava una sintome astenica cronica anni prima dell’insorgere del tumore, che ritornava poi alla fine del trattamento oncologico e persisteva poi per anni. Vi sono stati casi anche con diagnosi di CFS e successivo sviluppo di tumore maligno. I tumori più frequentemente implicati sono stati i tumori della mammella ed i linfomi maligni. In assenza di un approfondito chiarimento sulle cause della stanchezza nel paziente oncologico, gli interventi terapeutici sono volti essenzialmente alla migliore gestione della sintomatologia e al supporto emozionale. Sebbene le raccomandazioni di natura generale su un efficace gestione della stanchezza nel paziente oncologico siano piuttosto comuni, spesso, alla prova dei fatti queste generiche raccomandazioni rimangono lettera morta, cui non viene fatto seguire un intervento basato su criteri scientifici, possibilmente nell’ambito di una valutazione multidisciplinare e attraverso la partecipazione a studi controllati. L’inadeguatezza dei trattamenti messi in atto per la stanchezza, è anche suggerita dalla dimostrazione che alcuni dei problemi ad essa associati, come ad esempio la depressione, sono generalmente poco trattati in ambito oncologico. La stessa scarsità di attenzione è stata osservata per l’anemia, che per quanto facilmente riconosciuta risulta spesso inadeguatamente trattata, nonostante la presenza di studi controllati che dimostrano un effetto benefico del trattamento dell’anemia sulla stanchezza e quindi sulla qualità della vita. In definitiva, la stanchezza costituisce una delle conseguenze di maggiore importanza per i pazienti che hanno concluso con successo il trattamento antineoplastico specifico e risultano liberi da malattia. Considerata l’attenzione cui tali pazienti dovrebbero essere sottoposti, per il rischio di secondi tumori e complicazioni a lunga distanza, una maggior cura da parte dei medici nel ricercare attivamente la stanchezza come sintomo tardivo potrebbe contribuire alla sempre migliore definizione clinica ed epidemiologica di questa problematica. Tutto ciò potrebbe tradursi in breve tempo in una migliore definizione del trattamento, oggi ancora poco considerato e poco risolutivo. Dr. Marcello Tavio Prof. Umberto Tirelli Istituto Nazionale Tumori di Aviano

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