Triste storia del 1600
Mariana
Tutte le lettere d’amore sono ridicole. Non sarebbero lettere d’amore se non fossero ridicole […]ma dopo tutto, solo coloro che non hanno mai scritto lettere d’amore sono ridicoli”( Fernando Pessoa)
Milo Manara - Lettera di una monaca portoghese
Io non voglio ,non voglio
immaginarmi che mi abbiate dimenticata.
Per la realtà dello stato in cui mi trovo?
E perché devo sforzarmi di dimenticare
tutte le dolcezze che riversavate su di me
per dimostrarmi il vostro amore?
Ero felice perché ad ogni momento
mi offrivate le prove della vostra
passione.
Perché ora quei ricordi diventano veleno per me
e quello che è rimasto di voi nella mia memoria
si trasforma in una allucinazione angosciosa?
Tutte le donne del mondo io vedo al mio posto
accanto a voi che le amate perdutamente
come un tempo, io sola ,nel vostro cuore di pietra…
(Sarò vostra, per sempre, Mariana)
Morire d’amore … Sarei felice…
Non vedrei più il mio cuore fatto a pezzi
Devo farvi conoscére i sentimenti del mio cuore.
Ve li scriverò fino a che vi saranno penetrati nella carne,
userò ogni mezzo perché conosciate la violenza del mio
amore per voi.
E voi tacete invece.
Nessun segno di vita in sei mesi,
neppure una lettera breve, o banale…
Ditemi qualcosa almeno… Rispondetemi, giustificatevi…
Io parlo al mio crocifisso ma neanche Lui mi risponde…
Questo silenzio non lo sopporto, dovete rispondere…
Questa è la vostra immagine,
il segno che rimane di una storia vissuta, non immaginata…
Parlate! Giustificatevi!
(Sarò vostra , per sempre, Mariana)
E’ giusto almeno che sopportiate che mi lamenti delle disgrazie
purtroppo previste, quando avevo capito che
eravate deciso a lasciarmi. Avevo fiducia in voi,
mi sono illusa come non si deve fare mai, ma ero così innamorata,
meritavo più fedeltà.
Voi siete portato a tradirmi, è un fatto naturale,
come vivere e respirare: posso chiedervi di non respirare?
Eh? Posso chiedervi di non respirare, mio bel cavaliere traditore?
Non sarei meno disgraziata, se mi amaste soltanto perché vi amo.
Sono stata cieca, ho creduto in un amore che non è mai esistito.
Ero io, soltanto io ad amare, e così i piaceri sono finiti, e mi è rimasto l’amore,
aspro e doloroso, una schiavitù insopportabile
Che cosa sarà di me?
Che cosa volete che io faccia?
E’ tutto così diverso da quello che avevo previsto.
Speravo che mi avreste scritto
da tutti i posti dove sareste passato…
Speravo che le vostre lettere sarebbero state
tanto tanto lunghe…
speravo che avreste alimentato la mia passione
facendomi sperare di rivedervi…
La vostra lontananza, le pratiche della religione,
il timore di mandare in rovina quel poco che mi resta
della mia salute, per tante veglie e tanti affanni,
la scarsa credibilità del vostro ritorno,
la freddezza della vostra passione
e dei vostri ultimi addii,
la vostra partenza che poggiava su dei pretesti
abbastanza meschini
e mille altre ragioni
che non sono che troppo buone e troppo inutili
sembravano permettermi un aiuto sicuro
se mi fosse diventato necessario
per dimenticarvi.
Non avevo che da combattere contro me stessa,
e nonostante questo sto soffrendo.
E soffro soprattutto pensando che
non siete mai stato toccato veramente
dai piaceri che reciprocamente ci davamo!
Sì, solo adesso mi rendo conto
di quanta malafede ci fosse nei vostri atteggiamenti.
Io non devo che alle mie insistenze, le premure,
gli impeti che avevate per me.
Avevate ideato a sangue freddo un disegno;
per farmi bruciare di passione,
e alla mia passione avete guardato come ad una vittoria,
il vostro cuore non ne è stato mai toccato profondamente
Siete soltanto un disgraziato! Nessuna delicatezza è in voi
se avete soltanto saputo approfittare dei miei slanci
per ambizione e non per amore!
Ma è possibile che non abbiate voluto godere
dei piaceri che vi davo?
Si è più felici quando si ama che quando si è amati,
e dunque dovevate amarmi!
Ah! Io non so più che cosa sono, che cosa faccio,
che cosa desidero!
Sono lacerata da mille sensazioni contrarie.
Vi amo perdutamente, mi siete così caro
da non osare di augurarvi quello che provo io.
Non ho forze sufficienti per tener testa ai miei mali:
come potrei sopportare il dolore che mi darebbero i vostri
e che sentirei mille volte di più?
Ma non posso neanche decidermi a desiderare
che non mi pensiate più: sì, lo confesso,
sono gelosa, furiosamente gelosa di tutto quanto
vi dà gioia e tocca il vostro cuore in Francia…
Ho perso la reputazione,
mi sono esposta al furore dei miei genitori,
alla severità delle leggi di questo paese
contro le monache che non rispettano le regole…
Mi sono esposta alla vostra ingratitudine,
che mi sembra la più grave di tutte le disgrazie…
Eppure mi accorgo che non ho rimorso,
perché vorrei aver corso pericoli più grandi,
per l’amore che ho per voi, e provo un piacere di morte
nell’aver rischiato la vita e l’onore…
Vivo, infedele che sono
e faccio tante cose per conservare la vita quante
per perderla…
Se vi amassi ,quanto vi ho detto mille volte,
non sarei morta da molto tempo ormai?
Vi ho ingannato, perché non ve ne lamentate?
(Addio per sempre… Mariana)
Lontano, a Parigi, il Cavaliere Noël,
con un pacco di lettere di Mariana
legate insieme da un nastro rosato,
va da un antiquario.
Volete comprare queste lettere?
Sono di una donna spudorata in amore…
per di più una monaca…
cose che si vendono bene nei salotti di Parigi…
L’antiquario sfoglia le lettere che si sparpagliano qua e là.
Bianche colombe volteggiano con un flebile lamento.
L’antiquario dà una manciata di monete al Cavaliere Noël
che se ne va con una grande risata
Lettere d’amore della monaca portoghese Mariana Alcoforado
Cinque lettere scritte da una monaca portoghese del XVII secolo e indirizzate a un ufficiale francese ,che prima l’ha sedotta e amata e poi abbandonata. Cinque lettere brevi ma intense in cui la giovane religiosa riversa tutta la sua disperazione per un amore finito male per un ufficiale francese venuto in Portogallo,per combattere contro gli spagnoli e poi tornato a Parigi, dimentico della passione che l’aveva legato a lei.Un amore che le ha fatto conoscere i piaceri della carne e il profumo della felicità ma che le ha fatto anche assaggiare il sapore amaro della delusione, improvvisa e inaspettata. Apparse anonime a Parigi nel 1669, Le lettere portoghesi costituirono fin da subito un caso letterario.La loro attribuzione, infatti, è stata tra le più controverse della storia letteraria francese.Da un lato si è prestata fede all’autenticità della monaca, cui alcuni eruditi ottocenteschi riuscirono anche a dare un nome e una biografia: quelli di Mariana Alcoforado, nata nel 1640e vissuta fin dall’età di dodici anni in un convento portoghese e badessa dal 1709.Dall’altro, dopo una serie di ricerche, nel Novecento ,Rousseau, le classificò come un falso,dietro il quale si poteva riconoscere la penna di Gabriel-Joseph de Lavargne Conte di Guilleragues,se non addirittura il grande Racine.
Gabriel-Joseph de Lavergne, conte di Guilleragues,era un cortigiano con prestigiose amicizie letterarie e autore di versi galanti e mondani ma che impallidiscono al confronto con la prosa delle Lettere.Egli, però, non confessò mai di aver scritto l’opera, né mai alcuno dei suoi amici gliela attribuì.Al di là del mistero, che forse mai sarà risolto, circa la reale identità dell’autore di questo capolavoro della letteratura francese, restano queste cinque epistole potenti, liriche, appassionate che affascinano,commuovono e spiazzano la povera Mariana , in estenuanti righe che sembrano vergate col suo stesso sudore,col suo sangue, anela un cenno dal suo uomo; Mariana esprime in modo sacrilego la forza del suo amore e domanda cosa avesse fatto di male per sopportare d’esser stata illusa col miraggio del grande amore per ritrovarsi poi sola,dopo aver ceduto alla passione.Mariana vive in queste lettere un universo di dedizione, di tenerezze,di rimpianti, incredula dell’abbandono, fino ad arrivare a distinguere tra l’amore come sentimento assoluto e il soggetto a cui si rivolge. Sfiorisce l’irrazionale passione mentre subentra il bene,prezioso( ma triste perchè cosciente), dell’intelligenza.Ogni lettera è inviata a Noël attraverso un luogotenente che arriva con una nave dalla Francia,al quale Mariana affida i suoi messaggi; la mancanza di risposte da parte del cavaliere,o risposte insulse le fanno capire la vacuità dell’uomo da lei idolatrato.[…]Concluso il dialogo con Noël assente o reticente, muto o derisorio, Mariana arriva al distacco dall’amante,non senza qualche disperato ritorno ad una passione difficile da spegnere.Alla fine il cavaliere offrirà quelle lettere appassionate e sanguinanti ad un “antiquario”perchè comprandole ne faccia commercio, com’era di moda nel seicento,quando i carteggi amorosi venivano inventati dai letterati per la delizia dei salotti.Eppure, Mariana Alcoforado è realmente esistita; a Beja c’è la sua tomba,nel convento dove visse fino agli ottant’anni, dimentica, dopo tanto soffrire,dello stolto e vanesio cavaliere francese.Mariane somiglia a qualsiasi donna (o quasi), anzi, a qualsiasi donna innamorata . Nell’ultima fredda lettera in cui, pur nel distacco, Mariana implora l’amante di non cercarla mai più e di avere almeno questo gesto di umanità, aiutandola a dimenticare, ammesso che si possa dimenticare…
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