Le radici del DNA dei sardi

 

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Meta privilegiata per gli amanti della natura, la Sardegna costituisce un microcosmo che l’isolamento ha protetto e reso unico. Questo piccolo mondo si è evoluto indipendentemente da altre regioni del centro e sud-Italia.

L’isola, essendo al centro del Mediterraneo, è stata interessata da continui flussi di popolazioni e culture diverse. Influenza che si è riflessa anche sul piano biologico; infatti, è noto che i sardi presentino un quadro genetico peculiare rispetto alle altre popolazioni europee, analogamente ai casi dei baschi e dei lapponi. Tuttavia, ciò che ancora non era noto è quanto siano cambiate le origini genetiche della popolazione in tutti questi anni. 

In uno studio pubblicato su Nature Communications, un team interdisciplinare guidato da Francesco Cucca, professore di Genetica Medica dell’Università di Sassari, Johannes Krause del Max Planck Institute di Jena e John Novembre della Chicago University, ha utilizzato il DNA ottenuto da resti antichi (ossei) per esaminare la storia del popolo sardo. 

I sardi discendono dai primi agricoltori

Il campionamento del DNA dai resti scheletrici ha consentito agli scienziati di ottenere un’istantanea delle persone che vivevano in un determinato momento e luogo. Un approccio contrapposto all’utilizzo del DNA moderno e alla deduzione del passato sulla base di ipotesi e modelli matematici. Il team ha confrontato il DNA di 70 individui antichi raccolti da 21 siti archeologici in Sardegna (Figura 1) con il DNA di altri individui antichi e moderni. Scoprendo, così, due modelli principali.

Prima di tutto, hanno osservato che gli individui sardi nel medio neolitico (4100-3500 a.C.) erano strettamente correlati geneticamente con le persone dell’Europa continentale dell’epoca. La discendenza genetica è rimasta quindi relativamente stabile sull’isola fino almeno alla fine del periodo “nuragico” (~ 900 a.C.). Questo modello differisce da quello delle altre regioni dell’Europa continentale, che hanno sperimentato nuove influenze in seguito ai movimenti migratori dell’età del bronzo.

I risultati mostrano anche che lo sviluppo dei nuraghi (dal quale il periodo nuragico prende il nome) e la cultura ad essi associata, non coincidono con nessun’altra influenza genetica arrivata sull’isola.

Inoltre, il team ha potuto provare l’arrivo di diverse popolazioni attraverso il Mediterraneo. Dapprima i Fenici provenienti da levante (il Libano dei giorni nostri) ed i Punici, la cui cultura proveniva da Cartagine (la Tunisia moderna). In seguito, nuovi antenati continuarono ad arrivare durante il periodo romano e ulteriormente nel periodo Medievale. La Sardegna divenne, in questo modo, storicamente influenzata dalla migrazione di popoli dall’Italia moderna e dalla Spagna.

I recenti risultati aiutano a spiegare le somiglianze con il DNA degli individui dell’Europa continentale del Neolitico e dell’Età del rame. Un esempio è rappresentato da”Ötzi”, un uomo di 5.300 anni quasi perfettamente conservato scoperto nei ghiacciai del nord Italia nel 1991. In particolare, tra gli Europei moderni, il DNA di Ötzi è molto simile a quello dei sardi moderni. Questa somiglianza si suppone provenga dal minor numero di migrazioni che la Sardegna ha subito rispetto all’Europa continentale nell’Età del bronzo.

timeline genetica dei sardi
Figura 1 – (a) Indica il numero di SNPs (o variazioni) analizzati almeno una volta ed era (rappresenta la media di 2σ degli anni stimati in base ai dati di radiocarbonio) relativi ai 70 individui antichi sardi. (b) Rappresenta i siti di campionamento degli individui sardi e i siti di campionamento dei 961 individui antichi di referenza proveniente dall’Ovest Eurasia e dal Nord Africa.

Piccole quantità che rivoluzionano il passato

Con il termine DNA antico, si indica qualsiasi traccia di materiale genetico proveniente da un organismo morto o da parte di esso. Oppure, si può trattare di DNA estratto da campioni biologici non recenti come una goccia di sangue coagulata, o nelle poche cellule epiteliali che si possono trovare nel mozzicone di una sigaretta. 

La possibilità di studiarlo è una grande conquista: ha trasformato e trasformerà in modo significativo la nostra comprensione del passato, probabilmente più di qualsiasi altra tecnica. Infatti, l’analisi del DNA, delle proteine o dei vecchi lipidi dà accesso a determinate informazioni impossibili da ottenere altrimenti. Tuttavia, la sua estrazione è molto difficoltosa. 

Gli studi su questo tipo di campioni sono caratterizzati da una bassa qualità, ponendo dei limiti a ciò che si può ottenere dall’analisi. Inoltre, il DNA antico può contenere un gran numero di mutazioni post-mortem crescenti nel tempo. A causa del sequenziamento degli errori, si dovrebbe applicare grande cautela nell’interpretazione dei dati. 

Scendendo nei particolari, la deaminazione della citosina rappresenta il danno più frequente durante la degradazione del DNA. In altre parole, una timina potrebbe essere integrata al posto di una citosina, causando una lettura incorretta dell’aminoacido corrispondente. 

Un tipo particolare di DNA antico, il DNA mitocondriale

A differenza della maggior parte del nostro DNA, il DNA mitocondriale (mtDNA) non si trova nei cromosomi o nemmeno nel nucleo (il recinto centrale che contiene tutti i cromosomi) delle nostre cellule. I mitocondri sono piccole strutture legate alla membrana nel citoplasma delle nostre cellule (Figura 2). Sono presenti in tutte le cellule vegetali e animali e sono responsabili della generazione della maggior parte dell’energia necessaria per la funzione cellulare. Ogni mitocondrio contiene il proprio DNA e il proprio meccanismo di sintesi proteica. Il mtDNA costituisce nella maggior parte dei casi la scelta migliore per i seguenti motivi: 

  • È particolarmente utile perché è presente con un alto numero di copie nelle cellule;
  • È più probabile che sopravviva per periodi prolungati rispetto al DNA genomico;
  • Le mutazioni si verificano, ma non molto spesso, meno frequentemente di una volta ogni 100 persone;
  • A causa della sua unica eredità materna è molto utile nei casi di identificazione forense e per la determinazione di relazioni familiari materne.

Pertanto, il mtDNA di una persona è probabilmente identico a quello del suo antenato materno e può essere usato per connettere le persone attraverso decenni.

Prima che le persone iniziassero a viaggiare per il mondo, i rari cambiamenti del mtDNA nel tempo hanno portato all’insorgenza di mtDNA unici in ogni continente. Pertanto, la maggior parte dei mtDNA contemporanei può essere assegnata a un continente di origine in base alla sequenza nucleotidica della regione più variabile (HvrI) del mtDNA. La regione HvrI è lunga circa 400 coppie di basi ed è la regione in cui i mitocondri iniziano a fare una nuova copia del loro DNA. È la regione della molecola del DNA in cui è più probabile che si verifichino mutazioni (cambiamenti). 

Quando uno scienziato determina l’ordine dei nucleotidi in questa regione, prende nota di tutte le mutazioni verificatesi nel tempo. Le mutazioni accumulate sono la base dei mtDNA unici trovati in ogni continente.

localizzazione mitocondri all'interno delle cellule eucariotiche
Figura 2 – Localizzazione dei mitocondri all’interno delle cellule eucariotiche.

I popoli delle steppe e gli antenati Iraniani modellano il sardo moderno

Noi siamo spagnoli, africani, fenici, cartaginesi, romani, arabi, pisani, bizantini, piemontesi.” scriveva Grazia Deledda nella poesia “Noi siamo sardi”. Se il premio Nobel per la letteratura dovesse scrivere oggi questa poesia, dovrebbe aggiungere qualche popolo in più. 

Un nuovo studio internazionale, pubblicato lo scorso 24 Febbraio, ricostruisce le dinamiche migratorie post-neolitiche nelle isole del Mediterraneo occidentale. Lo studio dimostra che mentre i sardi dell’era nuragica provengono dagli agricoltori del Neolitico, i sardi moderni sono influenzati da antenati di diversi gruppi arrivati in Europa dopo il Neolitico. In particolare, il sardo moderno avrebbe avuto origine per circa il 10% dai popoli delle steppe e per circa il 19% da popoli provenienti dall’Iran. 

Sorprendentemente, i nostri risultati mostrano che, nonostante questi flussi e miscele di popolazione, i sardi moderni conservano tra il 56-62 % degli antenati dei primi agricoltori neolitici, arrivati in Europa circa 8000 anni fa”, afferma David Caramelli, co-senior autore e regista del Dipartimento di Biologia dell’Università di Firenze. 

I due studi di cui abbiamo parlato, mostrano che anche la Sardegna, come le altre regioni d’Europa, è stata al centro di frequenti migrazioni. Tuttavia, tale fenomeno si è verificato in maniera evidente solo a partire dal Medioevo.

Una storia peculiare anche dal punto di vista del microbiota

Se il genoma porta i segni delle influenze passate, il microbiota non poteva essere da meno. La Sardegna è diventata, infatti, insieme all’isola di Okinawa in Giappone, Loma Linda in California, la penisola di Nicoya in Costa Rica e Icaria in Grecia, una delle zone blu del mondo. Con questo termine ci si riferisce a un’area geografica o demografica in cui la speranza di vita è notevolmente più alta rispetto alla media mondiale. Uno studio condotto dall’Università di Sassari ha cercato di capire se ci fosse un legame tra microbiota intestinale (l’insieme dei microrganismi che vivono nell’intestino) e longevità.

Attraverso l’utilizzo della metagenomica, lo studio cioè del DNA di tutti i batteri presenti in un determinato ambiente (in questo caso l’intestino), i ricercatori hanno analizzato 65 individui, appartenenti a tre fasce d’età differenti: giovani (21-33 anni), anziani (68-88 anni) e centenari (99-107 anni). 

I risultati parlano chiaro: il microbiota intestinale nei centenari sardi mostra una riorganizzazione differente rispetto a quello dei giovani e degli anziani. In particolare, si è osservato che il microbiota dei centenari è ricco di metanobatteri, bifidobatteri e lattobacilli. Questi microrganismi producono acidi grassi a catena corta, che, oltre a favorire la regolarità intestinale, nutrono e proteggono le cellule del colon, regolano l’appetito e la glicemia e modulano il sistema immunitario, aiutando a prevenire lo sviluppo dei tumori. 

Tuttavia, l’analisi ha mostrato anche un impoverimento di batteri quali Eubacterium rectale e Faecalibacterium prausnitzii importanti per il metabolismo delle fibre e del galattosio, con conseguente aumento del rischio di infiammazioni intestinali e cataratta. 

Sebbene questo studio riveli alcune delle funzioni importanti legate alla salute dei centenari sardi, è necessario condurre maggiori studi per arrivare ad avere un quadro generale più completo. Per esempio, sarebbe necessario utilizzare tecniche che riuscissero a differenziare batteri morti da batteri vivi, come la metatrascrittomica (lo studio dell’espressione dei geni di tutti i batteri in un dato ambiente) e la metaproteomica (lo studio delle proteine di tutti i batteri in un dato ambiente).

Fonti

  • https://www.technologynetworks.com/genomics/news/ancient-dna-from-sardinia-unlocks-6000-years-of-genetic-history-331229
  • https://www.scientificamerican.com/article/how-do-researchers-trace
  • Fernandes, D. M., Mittnik, A., Olalde, I., Lazaridis, I., Cheronet, O., Rohland, N., … & Culleton, B. J. (2020). The spread of steppe and Iranian-related ancestry in the islands of the western Mediterranean. Nature Ecology & Evolution4(3), 334-345.
  • Wu, L., Zeng, T., Zinellu, A., Rubino, S., Kelvin, D. J., & Carru, C. (2019). A Cross-Sectional Study of Compositional and Functional Profiles of Gut Microbiota in Sardinian Centenarians. mSystems4(4), e00325-19. https://doi.org/10.1128/mSystems.00325-19
  • Marcus, J.H., Posth, C., Ringbauer, H. et al. Genetic history from the Middle Neolithic to present on the Mediterranean island of Sardinia.Nat Commun 11, 939 (2020). https://doi.org/10.1038/s41467-020-14523-6
  • Michela Murgia, Viaggio in SardegnaUndici percorsi nell’isola che non si vede., Einaudi, Torino, 2014

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