Donne e manicomio :Camille Claudel
CAMILLE CLAUDEL, SCULTRICE.
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- On 30 Novembre 2020
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SCULTRICE.
- Posted by Cristina Catenacci
“Mi si rimprovera (efferato crimine), di aver vissuto da sola”
Lettera dal manicomio, 25 febbraio 1917.
Quella di Camille Claudel è una storia veramente terribile e crudele, oggi quasi incredibile.
Banalmente si può affermare che, se fosse nata uomo, tutto sarebbe andato per il meglio, la sua vita avrebbe preso una piega senz’altro differente.
Invece Camille nasce femmina l’8 dicembre 1864, da una madre anaffettiva che aveva precedentemente perso il primo figlio, un desiderato maschio.
Questa madre non l’amerà mai e non le darà nemmeno quel poco di affetto che riserverà ai figli minori, Louise, di due anni più giovane e Paul, l’agognato maschio, nato nel 1868.
Da bambina Camille ama correre in campagna, malgrado sia nata con una gamba leggermente più corta dell’altra. Insieme al fratello è sempre in giro per la brughiera e già incomincia a modellare con la terra rossa sporcandosi i vestiti.
La madre non comprende e non apprezza il suo carattere ribelle e la sua voglia di libertà anticonvenzionale, infatti nessuna bambina perbene si comporta così e, se non corretta, la sua vita sarà sventurata. Continuamente esalta le virtù della sorella minore Louise, che ricama e suona il piano nei suoi abitini puliti e sicuramente farà un buon matrimonio.
In famiglia è solo il padre ad appoggiare la sua decisione, a 13 anni, di divenire scultrice.
In questi primi anni la famiglia cambia spesso casa e città al seguito degli impegni lavorativi del padre, che di mestiere fa l’esattore delle tasse.
Quando Camille ha 14 anni, papà Claudel invita in casa lo scultore Alfred Boucher per fargli vedere i lavori della figlia. La ragazzina attende con ansia perché dalla sua approvazione dipenderà il suo futuro.
Sarà proprio in questa occasione che sentirà parlare per la prima volta di Auguste Rodin, l’uomo che le sconvolgerà la vita, anche se lei questo non può ancora saperlo. In quel momento Rodin, di ritorno dal Belgio, fa scalpore. Due anni prima ha esposto al Salon del 1877 “L’Età del bronzo”, la sua prima grande scultura. La perfezione dell’opera è tale da indurre la giuria ad una grave accusa, cioè di aver fatto ricorso a un calco sul vivo. Papà Claudel fa domande e Boucher risponde che ormai quella è una consuetudine: gli scultori prendono il calco delle parti del corpo direttamente sul modello vivente perché si fa prima! (Per inciso quest’accusa nei confronti di Rodin si rivelerà assolutamente falsa).
Per Camille è un’impostura, pensa che lei non farà mai una cosa simile. Quando Boucher vede finalmente il lavoro della ragazzina, il gruppo scultoreo in terra rossa di Davide e Golia, ne coglie subito il talento straordinario, ma pensa anche che sarà difficile per lei diventare una scultrice vera, perché presto o tardi dovrà sposarsi e dunque potrà al massimo farne un hobby, certo non un mestiere. In fondo, questo era il pensiero di tutti.
Dopo qualche tempo il signor Claudel trasferirà moglie e figli a Parigi, mentre lui li raggiungerà nel fine settimana, a causa dei suoi impegni di lavoro.
Parigi, la grande città, qui Camille sarà una scultrice, è felice, affitta uno studio con due ragazze inglesi e Boucher è il loro insegnante.
Al Salon del maggio del 1882 Camille, allora diciassettenne, espone per la prima volta un Busto di vecchia in gesso (la modella era l’anziana domestica di casa Claudel) e Boucher decide di presentarla a Paul Dubois, direttore della Scuola Nazionale di Belle Arti, il quale crede che la ragazza abbia preso lezioni da Rodin.
Ecco che questo nome entra ancora una volta nella sua vita, ma per lei non si tratta altro che di un vecchio e non vuole essere paragonata a lui.
Quando, qualche tempo dopo, Boucher parte per un viaggio di studio in Italia, chiederà proprio ad Auguste Rodin di prendere il suo posto come insegnante nello studio delle ragazze e questa sarà l’occasione in cui i due scultori si conosceranno.
Appena Rodin entra nello studio rimane subito colpito dal busto a cui Camille sta lavorando, un busto di fanciullo per il quale ha fatto da modello il fratello Paul, allora quattordicenne. Lo scultore capisce di trovarsi davanti a una scultrice di vero talento, nonostante la giovanissima età.
Immediatamente la invita nel suo studio e le chiede di lavorare con e per lui.
Il padre di Camille è contrario, pensa che la figlia sia già una scultrice valida e che andando a lavorare con Rodin potrebbe perdere la sua originalità, ma la ragazza gli risponde che solo i mediocri hanno paura di imparare e si chiudono in sé stessi.
Si apre così un nuovo capitolo nella vita di Camille.
Ben presto i due scultori diventano amanti clandestini, Camille ha vent’anni, Rodin quarantacinque, un figlio e una compagna di nome Rose, oltre a numerose relazioni con le sue modelle.
Col tempo, tutti intuiscono la relazione tra i due e la madre, sopraffatta dallo scandalo, la caccia di casa. A quel punto Camille si trasferisce a vivere in uno degli studi di Rodin, una grande casa dove solo il fratello Paul va a trovarla.
Insieme cominciano a frequentare il salotto del poeta Stéphane Mallarmé e il Gruppo dei venti , del quale fa parte anche Odilon Redon.
Mallarmé ospita spesso anche Verlaine, Charles Morice, Puvis de Chavannes.
Paul scrive poesie e così prendono l’abitudine di riunirsi il martedì sera in Rue de Rome al n° 87, nel salotto di Mallarmé. Qui si discute del Manifesto Simbolista e dell’ultimo libro di Huysmans, “A rebours” , che in quel momento fa furore. In una di queste occasioni Camille conosce il pianista Claude Debussy, che diventerà suo amico.
Al Salon del 1888 Camille presenta l’opera Sakuntala e riceve la menzione d’onore.
La scultura propone una leggenda del V secolo legata alla tradizione indù che ha come protagonista una fanciulla, di nome Sakuntala, che si innamorò perdutamente del Re Duchmanta.
Di essa realizzerà schizzi in terracotta, questa versione in marmo e, nel 1905, una in bronzo.
Probabilmente Camille rappresenta sé stessa e Rodin, nel primo periodo felice della loro relazione.
Questo periodo felice ha vita breve, Rodin è spesso via, da Rose.
Camille si rende sempre più conto di non godere della stessa considerazione degli scultori uomini, infatti, anche se apprezzata, è considerata come una “costola” di Rodin, una sua creatura, addirittura si insinua che nelle sue opere ci sia la sua mano. Inoltre, da anni ormai, sbozza i marmi per lo scultore, che ha sempre più studi e più commissioni, tanto che non le rimane più molto tempo per le sue creazioni.
Si apre per lei il primo periodo di crisi, tra l’altro è incinta e, per evitare lo scandalo, si ritira in campagna. Ha ventisei anni e crede che, quando nascerà il bambino, Rodin la sposerà.
A tutti dirà che è in campagna per lavorare meglio e ancora una volta sarà solo il fratello Paul a mantenere i rapporti con lei.
Purtroppo perderà il bambino rischiando essa stessa di morire. Per riprendersi fisicamente impiegherà oltre un anno, passato quasi interamente da sola perché Rodin o è da Rose, oppure lavora nei suoi studi parigini.
Tornata a Parigi Camille affitta un suo studio, in Boulevard d’Italie, 113 e porta con sé la Sakuntala, pesantissima. Cerca così di allontanarsi da Rodin, con un suo studio non dovrà più lavorare per lui e avrà tempo per creare nuove opere.
Sta lavorando al busto del maestro, che aveva cominciato anni prima, e decide di farlo colare in bronzo per presentarlo al Salon.
Il lavoro di Camille è apprezzato, viene nominata membro della Società Nazionale di Belle Arti.
Al Salon del 1893 Camille Claudel espone due opere il “Valzer”, dedicata a Debussy e “Cloto”, una delle tre parche, colei che presiede alle nascite.
Se nella prima delle due opere vediamo ben espresso quello che a Camille stava più a cuore, e cioè il movimento che provoca al corpo umano allungamenti o ritrazioni, mutandone le proporzioni e sovvertendone l’ equilibrio, la seconda provocherà scandalo.
C’è chi arretra inorridito davanti alla vecchia dal ventre sfregiato. Un suo seno sembra esaurirsi in un lungo filamento di pus. Ride con un ghigno terrificante e avanza con passi terribili, nascosta da bende quasi disfatte.
Il pubblico non capisce, storce la bocca, trova l’opera ripugnante.
Con quest’opera è come se Camille avesse partorito la propria angoscia.
Al Salon dell’anno successivo ha successo con “La piccola castellana”, tanto da ricevere alcune commissioni.
Camille lavora moltissimo, quasi non mangia, non ha soldi per comprarsi degli abiti nuovi. Il marmo costa molto, i modelli vanno pagati e il padre non può darle molto. Rodin l’aiuta, ma ormai non si vedono quasi più.
Il fratello Paul prima è negli Stati uniti, poi in Cina : ha iniziato la sua carriera da diplomatico pur continuando a scrivere poesie.
Al Salon del 1896 Camille deve presentare “Le pettegole”, un’ opera in marmo a cui ha lavorato moltissimo, che rappresenta un gruppo di donne. Ma il 12 maggio Camille è assente dal Salon. Nessuno, né lei né un fattorino, aveva portato l’opera. Dov’era lei? Quando, la sera, alcuni amici vanno a cercarla, trovano lo studio completamente vuoto. Nella luce del tramonto, Le pettegole, mirabili e splendenti, erano terminate. Un abito di seta scarlatta pendeva da una trave e recava un numero: era stato affittato.
L’anno successivo, al Salon del 1897, Le pettegole trionfano.
Grazie all’aiuto di Mathias Morhardt, poeta, drammaturgo e giornalista e di Fenaille, mecenate dell’arte, era riuscita a produrle in giada.
Nessuno avrebbe osato tagliare direttamente in giada, ma Camille non ha paura.
Sarà un trionfo, i critici parlano nuovamente di genio, Camille diventa socia e anche membro della giuria.
Ma il successo accresce il disprezzo, Camille è sempre più sola.
Seguono per lei anni terribili, fatti di povertà estrema, non ha nemmeno i soldi per comprare la legna per scaldarsi, a volte capita che qualcuno gliela regali, che una modella le porti un po’ di frutta dalla campagna. Camille ha solo 35 anni.
Cambia più volte casa, sfrattata quando non può pagare l’affitto e si ammala ripetutamente per il freddo e la fame ma continua a scolpire.
Di questo periodo é “L’Età matura”, un gruppo scultoreo dove una giovane donna implorante cerca di trattenere un uomo maturo che invece viene portato via da un’altra donna. In quest’opera è racchiuso tutto il tormentato rapporto di Camille con Rodin.
“Ero certo che le opere di mia sorella vi sarebbero piaciute. La poverina è malata e dubito che possa vivere a lungo…Con tutto il genio di cui era dotata, per lei la vita è stata così piena di delusioni e contrarietà che non è auspicabile si prolunghi…”
Paul Claudel, 15 novembre 1905
Nel dicembre del 1905, Eugène Blot allestisce una grande retrospettiva di tutte le sue opere, ce ne saranno 13.
Ma Camille sta sempre più male, il freddo e la fame la fanno soffrire di allucinazioni, cominciano le sue fughe e sparizioni. Spariscono anche le sue sculture, le vende o le distrugge?
Tutti pensano che morirà presto.
Invece il 3 marzo 1913, alle tre del mattino, morirà il padre.
Questa data segnerà la fine per la povera Camille, per la scultrice geniale dall’enorme talento.
Non potendo pagare l’affitto, le hanno sequestrato tutto. Lei distrugge le sue ultime creazioni.
Fuori attende l’ambulanza, è il 10 marzo 1913 e per lei si aprono le porte del manicomio. Non ne uscirà mai più, tradita anche dall’amato fratello Paul, che firmerà il ricovero insieme alla madre e impedirà, per anni, ai suoi amici di andare a trovarla.
Tuttavia i medici che si sono avvicendati nella direzione del manicomio sono concordi nell’affermare che non è una paziente pericolosa per sé e per gli altri e che tornare in famiglia (come lei stessa chiede) potrebbe solo aiutarla. Ma la madre si rifiuterà sempre di riprenderla in casa, né Paul farà mai qualcosa in tal senso.
Camille muore il 19 ottobre del 1943 nel manicomio di Montdevergues, vicino Avignone, dopo trent’anni di internamento.
Nessun familiare si presenterà per il suo funerale e verrà sepolta in una fossa comune.
Tra il 1940 e il 1944, quarantamila pazienti morirono di fame negli ospedali psichiatrici di Francia.
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