Teorie in funzione di un profilo criminale:la vittimologia

 Le teorie in funzione del criminale,la vittimologia

La vittima e il crimine, tuttavia, rappresentano un accostamento costante, anche se le
vittime nella dinamica interpretativa del delitto sono sempre state lasciate nell’ombra.
Questa situazione può essere legata al fatto che le teorie che hanno tentato e tuttora
tentano di individuare le cause del crimine si sono assunte come compito
fondamentale quello di determinare il tipo o i tipi predisposti al comportamento criminale senza nessun collegamento con senza alcun collegamento con la vittima. In un primo gruppo di teorie, che
si possono definire “bio antropologiche"
si analizzano, infatti, nei dettagli i processi
motivazionali implicati nella deviazione, senza alcun riferimento al bersaglio
dell’azione, alla persona offesa, alla vittima così che si giunge alla descrizione di tipi
di autori che sono devianti innanzitutto perché i loro impulsi sono eccezionalmente
potenti e/o i loro controlli interiori sono carenti.
La dinamica autore vittima non è presa in esame
non è ritenuta rilevante, perché il compito fondamentale che si sono
assunte queste teorie è quello di determinare il tipo o i tipi di persone predisposte alla
deviazione.
Lo studio della criminalità in questa prospettiva è diventato “antropologia criminale”,
un settore della biologia, per cui assumono vigore le opinioni che i criminali siano un
gruppo biologicamente inferiore o comunque diverso da coloro che appartengono alla
cosiddetta normalità, destinati al crimine per una
ereditarietà difettosa, che portano il
marchio della loro inferiorità nei corpi o nel genoma. E’ evidente che quando si cerca
di trovare un rapporto tra caratteristiche biologiche visibili o invisibili e il
comportamento deviante o criminale non vi è posto per il bersaglio del criminale,
cioè per la vittima. Di conseguenza si trascura che i rapporti tra biologia e
comportamenti devianti sono vari, indiretti e remoti, così come si verifica per i
rapporti tra biologia e comportamento conformista o normale.
Nella prospettiva psicodinamica si fa riferimento a teorie che considerano le fonti
dell’impulso e del controllo situate nella biografia dell’individuo o nella situazione
contemporanea piuttosto che nella costituzione biologica. Queste teorie seguono la
tradizione psicoanalitica e hanno con questa in comune il presupposto che le fonti del
comportamento e soprattutto del comportamento deviante siano per lo più irrazionali,
inaccessibili all’osservazione e al controllo cosciente dell’autore, per cui si
oppongono, così come si opponeva la scuola positiva, alla teoria della scuola classica,
che attribuisce all’autore del reato il libero arbitrio, ponendo però questi in un utopico
distacco dalla realtà trascurando quindi il rapporto autore vittima.
Io, che tradurrebbe in atto i suoi impulsi senza alcuna interazione con le sue eventuali vittime.
La vittimologia tratta ovviamente della vittima come soggetto che subisce il reato. La vittima nel nostro sistema penale è presa in considerazione come elemento dell’esistenza del fatto criminoso, dello svolgimento dello stesso e della relativa gravità.
Chi è la vittima. Secondo le più recenti teorie si definisce vittima “un individuo o un gruppo che senza alcuna violazione di regole convenute, è sottoposto a sevizie, maltrattamenti o violenze di ogni genere”.
La vittima e il reo. È un rapporto difficile da interpretare perché scaturisce da un insieme di forze dinamiche, d’impulsi e coazioni che cambiano sulla base dell’intensità del rapporto tra la vittima e il carnefice insieme a fattori ambientali, sociali e di relazione.
Il modus operandi. Nella vittimologia, rispetto alla realizzazione del delitto, vanno considerati i seguenti elementi:
• la frequenza e l’intensità delle relazioni tra la vittima e l’offensore
• l’eventuale pianificazione del delitto
• la località e il tempo prescelti
• il grado di violenza
• la dinamica dell’azione delittuosa
• se si deve a più attori.
La premeditazione. La vittimologia ha accertato che dall’impulso criminale (che spinge all’appagamento) derivano uno studio preventivo e una valutazione sulla resistenza possibile da parte della vittima designata.
La scelta della preda e la programmazione del delitto puntano sui comportamenti della vittima che il criminale vaglia con maniacale attenzione.
I luoghi preferiti. Tra i luoghi scelti per compiere il reato, nel caso di relazioni primarie (convivenza, matrimonio ecc.), è preferita la casa.
Nel caso di altre condizioni relazionali si preferisce il luogo all’aperto.
Statisticamente non si può stabilire una stagione prevalente ma sembra che la maggiore frequenza si verifichi nel week-end.
La violenza psicologica è di solito considerata come preambolo di quella fisica nel caso di soggetti deboli. Infatti il destinatario della violenza è sicuramente più forte quando è psicologicamente più indipendente dal suo aggressore.Chi è la vittima? Come può influire la personalità all'interno della scena del crimine? Una riflessione di non poca importanza che molto spesso si omette.

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