Le origini e l'esodo dall'India
LE ORIGINI E L’ESODO DALL’INDIAIn Europa, dal Rinascimento ad oggi, cronisti, uomini politici, ecclesiastici, studio-si, viaggiatori, operatori sociali, documentaristi e curiosi si sono interessati ai Rom,Sinti, Kalè, Manouches e Romanichals i gruppi che costituiscono, nel loro insieme,la popolazione romanì. In ogni Stato d’Europa sono stati emanati innumerevoli bandi egrida a testimonianza di politiche persecutorie e repressive. Dalla fine del XVIII secolo ad oggi, sul mondo romanò, sono stati prodotti studi ericerche sempre più numerosi ed accurati. La scienza che si occupa della popolazione roma-nì in tutti i suoi aspetti è la Romanologia1e gli studiosi son detti romanologi. I documenti ele testimonianze ritrovati ci permettono di ricostruire, assieme all’analisi linguistica, la rottaseguita dalla popolazione romanìdall’India settentrionale verso l’Occidente. I romanologihanno accertato che l’origine è indo-ariana, riconducibile ad un territorio compreso a Nord-Ovest dell’India tra il Sindh, il Punjab, il Rajasthan, l’Uttar Pradesh, l’AfganistanMeridionale e l’attuale Pakisthan. Le affinità e le analisi linguistiche, alcune pratiche reli-giose, gli studi genetici, alcuni tratti culturali, i lineamenti somatici e le acquisizioni acca-demiche lo hanno confermato. Sono molti gli studiosi che hanno rilevato come in India visono gruppi che conservano tratti somatici e culturali simili a quelli delle comunità roma-nès: si tratta dei Gadulia Lobar, i Lamanie i Banjara.I romanologi hanno evidenziato, inoltre, come molti aspetti della cultura romanì sianosimili a quelli delle alte caste indiane. Numerose, per esempio, le affinità riscontrate tra lecomunità romanès e i Rajput indiani per ciò che concerne l’alimentazione, le abitudini culi-narie e le pratiche religiose. La stessa lingua romanì attesta non solo il legame indiano, maanche la sua connessione con gli aspetti di una cultura sedentaria e non nomade. A riguardo si analizzino, per esempio, parole come: casa, porta, pecora, maiale, galli-na, re/signore, luogo, villaggio, villano, signora/regina, bue/toro, mucca, terra/terreno,medicina, ferro, oro, ricco/potente, erba, prete, verdura, piombo, argento (kher, vudar, bakri,balo, khaxni, raj, than, gav, gavalo, rani, guruv, gurvni, ©ikh, drab, sastr, sunakaj, barvalo,©ar, raÒaj, Òax, siso, rup). Gli antenati degli attuali Rom, Sinti, Kale, Manouches eRomanichals non abbandonarono i territori indiani per una presunta vocazione nomade. Lemigrazioni furono imposte da situazioni forzate. Del resto parole come: tenda, carrozzone,accampamento e strada, pur presenti nella lingua romanì, non sono di origine indiana, mana, re/signore, luogo, villaggio, villano, signora/regina, bue/toro, mucca, terra/terreno,medicina, ferro, oro, ricco/potente, erba, prete, verdura, piombo, argento (kher, vudar, bakri,balo, khaxni, raj, than, gav, gavalo, rani, guruv, gurvni, ©ikh, drab, sastr, sunakaj, barvalo,©ar, raÒaj, Òax, siso, rup). Gli antenati degli attuali Rom, Sinti, Kale, Manouches eRomanichals non abbandonarono i territori indiani per una presunta vocazione nomade. Lemigrazioni furono imposte da situazioni forzate. Del resto parole come: tenda, carrozzone,accampamento e strada, pur presenti nella lingua romanì, non sono di origine indiana, maacquisite da altre lingue dopo l’esodo dalle regioni indiane. Tra il III e il XIV secolo, a più ondate, una popolazione eterogenea di origine indianafu spinta verso Occidente attraverso la Persia, l’Armenia e l’Impero Bizantino. In Persia ledifferenti tribù e comunità di origine indiana vennero a formare una popolazione denomina-ta Ûom,che si differenziava da quella ospitante. La romanologia fa derivare la parola Ûom (letteralmente“uomo”) dal termine sanscri-to Ûomba2.Non mancano altre proposte etimologiche come l’antico indo-ariano r ̄ama(marito) poiché anche in lingua romanì ha lo stesso valore semantico. Oggi, in tutti i dialet-ti della lingua romanì, il termine Romsignifica “uomo, marito, maschio”.3Le comunità di Ûom soggiornarono in Persia acquisendo, tra gli altri, il termine ordon,
(marito) poiché anche in lingua romanì ha lo stesso valore semantico. Oggi, in tutti i dialet-ti della lingua romanì, il termine Romsignifica “uomo, marito, maschio”.3Le comunità di Ûomsoggiornarono in Persia acquisendo, tra gli altri, il termine ordon,il carro che serviva a trasportare beni e persone.4Si ritrova, oggi, nei diversi dialetti della lin-gua romanì come vurdon, vordon o verdine ed indica il carrozzone, il camper, la roulotte,l’automobile, il mezzo di trasporto moderno per beni e persone. In Persia si acquisì anchela parola drjav odoryavdal persiano deryav con cui si indicava il Mar Caspio. Certamente attraversarono i passi montuosi dell’Hindu-Kush come gli imprestiti lin-guistici testimoniano. Gli studi linguistici sono stati fondamentali per determinare gli spostamenti e le migra-zioni e lo stato di conservazione della lingua romanì è straordinario considerando la suasecolare trasmissione orale
Il periodo che va dal III al XIII secolo è considerato dai romanologi come “la preisto-ria” della popolazione romanì poiché non si hanno documenti certi. Esistono solo testi let-terari che narrano di una consistente emigrazione dall’India verso la Persia nel V secolo,scritti, però, alcuni secoli dopo i fatti che vengono narrati. L’inglese John Sampson5fu tra i primi a considerare l’esodo dall’India unico e avve-nuto attorno al X secolo; egli divise la popolazione emigrante in due gruppi fondamentalisulla base della pronuncia del termine romanès “sorella” distinta in bene phen. Il gruppoben rimase in Persia con il nome di Ûome l’altro, phen,si diresse verso l’Armenia doveacquisì il nome di Lom. Dai territori armeni si introdusse nell’Impero Bizantino dove sidistinse con l’etnonimo Rom. I romanologi sostengono che l’emigrazione sia avvenuta in India dalle regioni centraliverso le regioni settentrionali e successivamente proseguita verso le regioni occidentali.Tale esodo è avvenuto nell’XI secolo. Le diciassette campagne militari dei Ghaznavidi, attuate tra il 1001 e il 1027, determi-narono numerose deportazioni dalle regioni centrali, settentrionali e occidentali dell’India.Ad ogni conquista seguiva una razzia di ingenti tesori ed esodi di massa. I prigionieri, appar-tenenti ad ogni casta, dovevano lavorare all’edificazione del regno persiano. Essi eranoschiavizzati e venivano convertiti all’Islam o, in alternativa, decapitati. Oltre ai bramini e aisoldati vennero deportati: carpentieri, orafi, cesellatori, marmoristi, armaioli, pittori, minia-tori, intarsiatori.6I cambiamenti linguistici e questi accadimenti storici sono perfettamente compatibilicon i rilievi effettuati dai romanologi. Tutto ciò spiega la grande coerenza degli elementi lin-guistici indiani presenti in tutti i dialetti della lingua romanì e le tesi dei romanologi nelcorso degli ultimi secoli. Nelle fiorenti città indiane depredate vi erano anche i Ûomba, artisti e musicisti raffi-nati. Dal momento dell’esodo e della dispersione in Persia furono i Ûombache maggior-mente colpirono le comunità autoctone, tanto che il loro nome fu preso in considerazioneper designare i nuovi venuti e che in seguito sarà usato come sinonimo di “indiano” accan-to al termine Sind. Da Ûombaderiva il termine Ûom. L’appartenenza dei Ûombaad unagglomerato urbano importante spiega anche l’assenza di attività agricole nell’economiadella popolazione romanì. La Dea protettrice di Kannauj era K ̄al ̄i(la Dea nera). Ancora oggiin molte comunità romanès c’è l’abitudine di adorare le Madonne nere. Santa Sara, l’attua-le protettrice della popolazione romanì, è nera.7L’esodo dall’India assunse, dunque, le connotazioni di una continua deportazione dimassa da parte di comunità sedentarie e il girovagare successivo alla ricerca di uno spaziovitale per sfuggire a terribili persecuzioni è stato scambiato, per secoli, per nomadismo. Ungrosso equivoco con conseguenze devastanti, i cui effetti sono tutt’ora evidenti.
(dal saggio del prof Spinelli)
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